di Bruno Venturi.
Dall’Alto Medioevo al Rinascimento, gli angeli hanno fatto molto più che comparire nei libri sacri: hanno abitato l’immaginario del popolo, agito come protettori, guaritori, compagni invisibili. E lo hanno fatto con un volto sorprendentemente familiare, ma dietro le loro ali si intravedono le ombre di antichi dèi pagani.
Quando il cristianesimo si diffuse in Europa, trovò una popolazione che da secoli venerava divinità greche e romane. Nonostante il nuovo credo volesse prendere le distanze dal passato pagano, non riuscì (e forse non volle) cancellarlo del tutto. Più spesso, lo trasformò. Fu così che figure come l’Arcangelo Michele presero il posto di Ercole o Marte, mantenendo però lo stesso ruolo: combattere il male, difendere i deboli, ristabilire l’ordine.
Nelle campagne, tra il V e il XV secolo, la fede ufficiale si mescolava facilmente con antiche pratiche popolari. Gli angeli, inizialmente messaggeri divini secondo la Bibbia, divennero per molti contadini e cittadini presenze vicine, capaci di curare, proteggere la casa, guidare nei viaggi o durante un parto difficile. In sostanza, facevano ciò che un tempo era compito di divinità come Cibele, Vesta, Priapo o i Lari.
Con l’Umanesimo e il Rinascimento, l’ammirazione per l’antichità classica tornò alla ribalta anche tra dotti e artisti. I testi antichi venivano letti, le statue restaurate, i miti reinterpretati. Questo clima favorì una maggiore apertura verso simboli e figure del passato. Così, le chiese cristiane iniziarono a ospitare immagini di angeli che ricordavano da vicino gli Eroti greci: bambini alati, giocosi, trasformati in “putti” che oggi decorano affreschi, altari e cupole.
Come nascono gli angeli: da messaggeri a potenze cosmiche
Nel mondo greco e romano, la religione era una cosa seria: regolava la vita quotidiana, i rapporti sociali, persino la politica. Gli dèi, anche se potenti, non erano onnipotenti: assomigliavano spesso agli uomini, con i loro capricci e passioni. Il cristianesimo, invece, portò una visione diversa: un solo Dio, invisibile e trascendente, che si fece carne e discese tra gli uomini.
In questo nuovo sistema teologico, gli angeli trovarono presto il loro posto. In origine, erano semplici “messaggeri” – è questo infatti il significato della parola greca “aggelos”. Ma con il tempo, soprattutto tra II e V secolo d.C., le riflessioni dei filosofi cristiani, influenzate dal pensiero greco, li trasformarono in qualcosa di molto più grande: puri spiriti, esseri intelligenti, intermediari cosmici.
Pensatori come Clemente Alessandrino, Origene e Agostino iniziarono a definire meglio la loro natura. Il filosofo ebreo Filone di Alessandria li descrisse come “spiriti nell’aria”. Il neoplatonico Proclo li collocò in una gerarchia assieme a demoni ed eroi, creando un ponte tra il cielo e la terra. Su queste basi, un autore noto come Pseudo-Dionigi tracciò la prima grande “mappa celeste”: nove ordini angelici divisi in tre triadi, dalle creature più vicine a Dio fino a quelle incaricate delle faccende umane.
Tommaso d’Aquino e la grande architettura angelica
Nel XIII secolo, il teologo Tommaso d’Aquino riprese e sistematizzò tutta questa tradizione. Per lui, gli angeli erano esseri immateriali, creati da Dio per dare completezza all’universo. Senza di loro, sosteneva, il mondo sarebbe “mancante di qualcosa”.
Secondo Tommaso, ogni angelo è unico, una specie a sé: essendo privi di materia, non possono differenziarsi come fanno gli uomini. La loro intelligenza è superiore alla nostra: non apprendono con fatica, e conoscono direttamente la verità, come se fossero specchi limpidi che riflettono il sapere divino.
La gerarchia celeste per Tommaso rispecchia la logica dell’universo stesso. I Serafini, i Cherubini e i Troni sono vicinissimi a Dio. Dominazioni, Virtù e Potestà regolano l’ordine cosmico. Gli ultimi tre – Principati, Arcangeli e Angeli – si occupano direttamente del mondo umano: proteggono i popoli, annunciano eventi, assistono le persone.
Angeli del popolo: protettori, guaritori, compagni
Ma mentre i teologi tracciavano diagrammi complessi, il popolo costruiva un proprio rapporto con gli angeli, fatto di immagini, preghiere, devozioni quotidiane. Gli angeli diventavano reali, tangibili, protagonisti di sogni, apparizioni, miracoli. E soprattutto, erano visti come i protettori ideali per affrontare un mondo pieno di insidie.
Il pellegrinaggio, ad esempio, era una pratica molto diffusa già nelle religioni antiche. In epoca cristiana, venne mantenuta con entusiasmo, soprattutto verso luoghi legati agli angeli: tra i più noti, la Grotta dell’Arcangelo Michele sul Gargano. Qui si cercava guarigione, visioni, segni divini, proprio come si faceva nei templi pagani dedicati ad Asclepio.
L’Arcangelo Michele, in particolare, fu una figura chiave della devozione popolare. Guerriero celeste, protettore contro il male, divenne simbolo della lotta contro le streghe – donne spesso legate alla medicina popolare e alle erbe, ma demonizzate. In questo modo, la Chiesa propose un’alternativa “ufficiale” alla guarigione fai-da-te: chi aveva bisogno di protezione o salute poteva rivolgersi agli angeli, non più alle antiche divinità o a pratiche sospette.
L’angelo custode: un compagno personale
L’idea che ognuno avesse accanto un angelo personale divenne sempre più forte. Non solo santi o profeti, ma ogni persona, anche la più umile, poteva contare su un angelo custode. Questa credenza si diffuse in modo massiccio tra il XV e il XVII secolo, con la nascita di confraternite dedicate e feste religiose specifiche.
Non si trattava solo di una rassicurazione spirituale. L’angelo custode era percepito come un vero compagno di viaggio: assisteva nei momenti difficili, proteggeva durante i viaggi, guidava le scelte, aiutava a superare i pericoli. Un’eco cristiana di figure come i Geni o i Lari della religione romana, che un tempo avevano lo stesso compito.
Tra Cielo e Pantheon: quando gli angeli parlavano la lingua degli dèi
Molto prima dell’arrivo del cristianesimo, il mondo greco-romano era abitato da dèi grandi e piccoli, divinità domestiche, spiriti tutelari e protettori della salute. Quando il cristianesimo si impose, molte di queste funzioni non scomparvero: furono semplicemente riassegnate agli angeli.
Questo processo non fu un’imitazione consapevole, ma una transizione culturale graduale e profonda. Il popolo continuava a cercare protezione nelle tradizionali aree della vita quotidiana. E la Chiesa, per rafforzare la nuova fede senza strappare troppo con il passato, permise – o addirittura incoraggiò – una trasposizione funzionale tra i vecchi dèi e i nuovi angeli.
I Penati, protettori della casa, trovarono un parallelo negli angeli custodi. Vesta, dea del focolare, fu evocata nei rituali domestici cristiani. Le divinità legate alla salute come Bona Dea o Angerona vennero rimpiazzate da angeli taumaturghi. Le protezioni per i viaggiatori – come i Lares Compitales – vennero sostituite dagli angeli che accompagnano nel cammino. Così anche i Geni personali vennero riformulati come angeli custodi.
Da Eros a Putto: come gli dèi dell’amore divennero angeli
Chi oggi entra in una chiesa barocca e alza lo sguardo verso la volta, si troverà circondato da piccoli angioletti svolazzanti. Quei volti infantili, con le guance paffute e le ali leggere, sono gli eredi diretti di una delle figure più popolari della religione pagana: gli Eroti, o Amorini, compagni della dea Venere.
Originariamente simboli di amore, fertilità e vita, gli Eroti vennero “trasferiti” nel nuovo mondo cristiano grazie a una scelta strategica della Chiesa: trasformarli visivamente in angioletti. Questa cooptazione funzionò: il popolo riconobbe in quelle immagini qualcosa di familiare, e li accolse nel nuovo immaginario sacro.
Non fu un processo pacifico. San Paolo disapprovava il culto degli angeli, e il Concilio di Laodicea lo proibì. Ma alla fine, l’esigenza culturale e visiva prevalse. Così, a distanza di secoli, nacquero i putti del Rinascimento: creature cristiane dal corpo pagano, che portarono nella nuova fede la memoria antica dell’amore, della gioia e della bellezza.
Angeli tra Santuari e Pellegrinaggi: la Devozione che Cammina
Dall’Alto Medioevo in poi, gli angeli divennero protagonisti della vita religiosa vissuta: protettori invocati nei santuari, figure presenti nelle processioni e nelle confraternite. Pellegrinaggi a luoghi come la Grotta di San Michele erano occasioni per cercare miracoli, guarigione, protezione.
Le rappresentazioni artistiche si moltiplicarono: Michele armato con spada e bilancia, angeli che circondano la Vergine nei dipinti, putti giocosi negli affreschi. Tutto contribuiva a rendere gli angeli una presenza visibile e sentita, sia nelle chiese che nella vita quotidiana.
Un Universo Ordinato: le Gerarchie Angeliche
Accanto alla devozione popolare, la teologia elaborò un universo gerarchico: tre triadi di cori angelici, dalle altezze contemplative fino all’intervento nel mondo umano. Questa struttura, resa popolare da Pseudo-Dionigi e Tommaso d’Aquino, influenzò profondamente sia l’arte che la catechesi.
Durante l’Umanesimo, la tendenza a fondere cosmologia antica e dottrina cristiana portò a collegare gli Arcangeli ai pianeti. Un sincretismo intellettuale che dimostra quanto la figura angelica potesse evolversi per rispondere sia alla ragione che alla fede.
Gli angeli non sono spariti: un’eredità che continua a parlare
Dalla fine del Medioevo all’età moderna, gli angeli non sono mai usciti di scena. Sono cambiati di forma, si sono adattati, ma sono rimasti parte del linguaggio con cui l’Occidente esprime il bisogno di protezione e di speranza.
Gli angeli non furono solo creati per ragioni teologiche, ma per rispondere a emozioni profonde: paura del mistero, desiderio di guarigione, bisogno di guida. Il loro successo sta proprio nella loro versatilità: compagni personali, guardiani di comunità, simboli di bellezza, strumenti di Dio.
In definitiva, la figura dell’angelo è diventata uno dei simboli più persistenti della cultura europea: ponte tra l’antico e il moderno, tra il razionale e il mistico, tra il bisogno umano e la risposta divina.

