Dalla comodità del Multiverso all’inaridimento della Cultura

di Bruno Venturi.

Rischiamo un Futuro di Solitudini Connesse?

Un nuovo spettro si aggira nella nostra società: la frammentazione della realtà. Mentre la tecnologia ci offre mondi su misura, comodi e prevedibili, potremmo star smantellando le fondamenta stesse della nostra civiltà: un orizzonte di realtà condivisa. Un’analisi filosofica lancia l’allarme su una possibile regressione culturale, dove l’esaltazione della percezione soggettiva e l’immersione in “multiversi” privati minacciano i legami, il linguaggio e lo sforzo collettivo che chiamiamo cultura.

La nostra civiltà, si sostiene, si fonda su un patto implicito: per quanto diverse siano le nostre opinioni, esiste un mondo comune regolato da fatti, misure e leggi. La conoscenza umana è un intreccio di ciò che i nostri sensi percepiscono e di come il nostro intelletto organizza questi dati. Ma una percezione individuale, per diventare un fatto pubblico e condiviso, deve superare il vaglio di pratiche comuni come il linguaggio, le prove scientifiche o il diritto. Senza queste verifiche, rimane semplicemente un’opinione privata.

Dalla Dignità della Persona alla Tirannia della Percezione

La modernità ha compiuto un passo fondamentale elevando la dignità dell’individuo, tutelandone i diritti e le differenze. Il cortocircuito, però, si manifesta quando si passa dal “riconoscere la persona” al “riconoscere come realtà oggettiva la sua auto-percezione”. Se ciò che un individuo sente diventa una norma vincolante per tutti, senza alcuna mediazione, le istituzioni perdono la loro funzione di “cintura di realtà”, incapaci di calibrare, verificare e gestire gli effetti delle azioni sulla collettività. È cruciale, quindi, distinguere tra la tutela della persona e l’identificazione della sua percezione, per sua natura variabile, con una realtà normativa generale.

Il Multiverso: Fuga dalla Realtà o Prigione Dorata?

In questo scenario si inseriscono le tecnologie immersive e i modelli “multiversali”, che offrono simulazioni quasi indistinguibili dalla realtà e, soprattutto, personalizzabili a piacimento. Questo porta a tre conseguenze significative:

  1. Comodità Cognitiva: La mente si abitua a un ambiente prevedibile e controllato, evitando l’imprevisto e l’attrito del mondo reale.
  2. Assuefazione Affettiva: La tolleranza alla frustrazione diminuisce drasticamente. Il ritorno alla realtà, con i suoi limiti e le sue difficoltà, viene vissuto come un’esperienza dolorosa.
  3. Disancoramento Collettivo: Ognuno si ritira in un universo privato coerente solo con se stesso, creando una pluralità di mondi che non comunicano tra loro.
    Più il nostro “multiverso privato” diventa confortevole, minore è il desiderio di partecipare alla faticosa e imprevedibile realtà comune.

Il Crollo delle Reti: Un Parallelo con l’Impero Romano

Questa frammentazione non è un fenomeno inedito. Un parallelo storico può essere tracciato con la tarda antichità romana. L’Impero riusciva a tenere insieme popoli e culture diverse grazie a potenti infrastrutture reali e simboliche: strade, diritto, esercito e scambi commerciali. Quando queste reti si sono spezzate a causa di crisi interne e pressioni esterne, le comunità si sono ritirate in nuclei isolati e autosufficienti, portando al crollo della circolazione del sapere e della qualità amministrativa. Oggi, la minaccia non viene da invasioni esterne, ma da una frammentazione interna: la ritirata in “universi percettivi” che interrompono il dialogo tra i gruppi umani.

L’Esito: Non un “Post-Umano”, ma un Umano Impoverito

Contrariamente alle visioni tecno-ottimistiche, l’esito di questo processo non sarebbe una specie superiore o un “post-umano”, ma un individuo biologicamente integro ma culturalmente “de-allenato” alla complessità del mondo condiviso. Gli indicatori di questo potenziale collasso sono già visibili: l’impoverimento del linguaggio comune, il crollo del principio di responsabilità (il legame tra azione e conseguenza si allenta nel mondo virtuale) e la perdita di una memoria storica collettiva, spesso ridotta a narrazioni funzionali alla propria “bolla” percettiva. La cultura, in fondo, è un lavoro di relazione; se viene meno la necessità di relazionarsi, la cultura stessa regredisce.

Come Salvare il Mondo Comune?

Di fronte a questo rischio, vengono proposte alcune linee di salvaguardia per proteggere il tessuto della nostra realtà condivisa:

  • Promuovere un’alfabetizzazione alla realtà, insegnando a distinguere le percezioni soggettive dalle prove oggettive (fonti, dati, esperimenti).
  • Mantenere “prove d’attrito” obbligatorie, come la scuola o il servizio civile, spazi dove si è costretti a confrontarsi con l’imprevisto e il non selezionabile.
  • Introdurre un’ “igiene delle simulazioni”, con limiti di esposizione e la chiara tracciabilità degli ambienti virtuali, per essere sempre consapevoli di quando ci si trova in una simulazione.
  • Educare alla “frustrazione creativa”, formando i cittadini a gestire il limite e l’imprevisto non come fallimenti, ma come competenze civiche essenziali.
  • Investire nella cultura come infrastruttura, finanziando biblioteche, musei, teatri e luoghi sportivi dove l’incontro tra le persone non sia mediato da un algoritmo.
    La questione fondamentale rimane aperta: saremo in grado di progettare tecnologie e istituzioni che proteggano la dignità della persona senza dissolvere il mondo che abbiamo in comune?. La risposta, forse, si trova nella nostra capacità di scegliere la complessità della verità relazionale rispetto alla seducente comodità di una percezione solitaria. Questa è la vera sfida, politica e culturale, del nostro tempo.

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