di Bruno Venturi.

Un Viaggio a Ritroso nel Tempo –
La parola “morte”, come il concetto stesso, è antica quanto il linguaggio umano, derivando dalla radice indoeuropea *mer-* (“svanire”, “consumarsi”). Nel pensiero greco, essa era affidata alle Moire: figure che assegnavano a ciascuno la sua parte di vita, fino a reciderne il filo.

La Morte è Inconcepibile?
Sì, come il Nulla. La morte, intesa come fine della coscienza, è inconcepibile perché non possiamo sperimentare la nostra non-esistenza. Qualsiasi immagine ne formiamo ci vede ancora come osservatori. Epicuro lo sintetizzò: «Quando noi siamo, la morte non c’è; quando la morte c’è, noi non siamo più». Freud aggiunse che, a livello inconscio, nessuno crede alla propria morte.

Il Rifiuto del Vuoto
Proprio perché il nulla paralizza, le culture hanno tentato di concepirlo: immaginandolo come un aldilà, un ciclo di rinascite, un regno di ombre. Dall’Egitto al Valhalla, dalle religioni abramitiche alle filosofie orientali, l’uomo ha proiettato in quell’oscurità forme riconoscibili. Anche dove non c’era conforto, come nell’oltretomba mesopotamico, si dava comunque una struttura all’ignoto.

Dal Nulla al Mistero
La mente umana non tollera il vuoto concettuale. Al nulla assoluto sostituiamo metafore: abisso, buio, silenzio. In questo atto creativo, il nulla diventa mistero. E il mistero è già una forma: non un muro invalicabile, ma una porta chiusa. Strappare il velo di Maya, come insegnano la filosofia indù e Schopenhauer, non significa vincere un ostacolo esterno, ma trasformare lo sguardo e oltrepassare i limiti della nostra percezione.

La Trappola del Mistero
Il mistero è un territorio senza mappe: ci costringe a proiettare su di esso il paesaggio interiore che portiamo con noi. Speranza e paura non sono più semplici emozioni, ma diventano le luci e le ombre del cammino. La qualità dell’esplorazione dipende dalla qualità del sogno che ci guida.

Il Laboratorio del Sogno
Nel sogno, lo spazio e il tempo si piegano. Luoghi lontani si sovrappongono, un istante dura un’eternità. La mente rimescola frammenti di memoria creando narrazioni nuove: è la nostra mitologia personale. Kant ricordava che non conosciamo mai la “cosa in sé”, ma solo il fenomeno filtrato dalla nostra mente. I sogni più realistici tentano di imitare l’esperienza diretta, e per questo sono così convincenti.

Il Paradosso Umano
Dalla vertigine del nulla arriviamo a un laboratorio interiore che genera forme, illusioni e significati. Il “falsario” che ci protegge dall’angoscia è anche il motore della nostra speranza: l’autoinganno diventa condizione per creare.

Conclusione
Siamo partiti dalla parola più antica e temuta, “morte”, e dal suo gemello invisibile, il “nulla”. Abbiamo visto come la coscienza umana, incapace di sostenerne l’abisso, lo rivesta di forme: prima un aldilà, poi un mistero, infine un sogno. In questo processo, l’angoscia si trasforma in racconto, il terrore in mappa, l’ignoto in paesaggio interiore.

Forse il senso non è scoprire cosa si nasconda dietro il velo, ma riconoscere che il velo stesso è l’opera delle nostre mani e della nostra mente. L’illusione non è un inganno da distruggere: è la cornice indispensabile attraverso cui possiamo abitare un orizzonte altrimenti vuoto.

La morte resterà inconcepibile, e il nulla resterà muto. Ma proprio in questa impossibilità si apre la più grande libertà: creare la forma con cui decidiamo di guardarli. È lì che l’autoinganno diventa arte, e l’arte diventa speranza. Ed è forse questo, più di ogni altra cosa, che rende l’uomo capace di vivere sapendo di dover morire.

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