di Roger Scruton.

Le opere d’arte possono essere elogiate in diversi modi. Possono essere commoventi e tragiche, malinconiche o gioiose, equilibrate, melodiose, eleganti e coinvolgenti. Benché in campo artistico la bellezza e il significato siano collegati, alcune delle opere più significative realizzate in tempi recenti sono decisamente brutte e persino offensive per l’impatto irritante che esercitano sullo spettatore – si pensi a Un sopravvissuto a Varsavia di A. Schönberg, a Il tamburo di latta di Gunther Grass, a Guernica di Picasso. Definire belle queste opere equivale, in un certo senso, a sminuire e persino a banalizzare quello che cercano di dire. Se tuttavia la bellezza è uno dei numerosi valori estetici, per quale motivo una teoria dell’arte dovrebbe dirci qualcosa al riguardo?

Nelle sue Lettere sull’educazione estetica dell’uomo, Schiller stabilisce un collegamento, che dà luogo a una riflessione, fra arte e gioco. Egli sostiene che l’arte ci permette di prendere le distanze dalle preoccupazioni pratiche di ogni giorno fornendoci oggetti, personaggi, scene e azioni con cui possiamo giocare e di cui possiamo godere per quelle che sono, anziché per quello che fanno per noi. Anche l’artista gioca – creando mondi immaginari con lo stesso godimento spontaneo che provano i bambini, quando uno di loro dice: «Facciamo finta che…!», o producendo oggetti che si concentrano sulle nostre emozioni e che ci permettono di comprenderle e di correggerle – come fa Beethoven negli ultimi quartetti. Questa attività, afferma Schiller, è assolutamente necessaria, dato che nella vita di tutti i giorni siamo lacerati fra le severe richieste della ragione, che ci impongono di vivere secondo le regole, e le spinte a osare di più alla ricerca di nuove esperienze di senso. Nel gioco, innalzato dall’arte a livello di libera contemplazione, la ragione e il senso si riconciliano, e a noi è concessa una visione della vita umana nella sua pienezza.

Quando apprezziamo l’arte, giochiamo; anche l’artista gioca mentre la crea. E il risultato non è sempre bello, o bello in modo prevedibile. Ma l’atteggiamento ludico è appagato dalla bellezza e dall’armonia che suscita il nostro interesse e che ci stimola a cercare il significato più profondo del mondo sensoriale. Di conseguenza, non appena siamo coinvolti nella creazione e nell’apprezzamento di oggetti intesi fine a se stessi, anziché come strumento dei nostri desideri e dei nostri scopi, chiediamo che tali oggetti siano ordinati e significativi. Questa benedetta rabbia per l’ordine è presente nel primissimo impulso della creazione artistica; e l’impeto di imporre un ordine e un significato alla vita umana, mediante l’esperienza di qualcosa di piacevole, è il motivo che sottostà all’arte in tutte le sue forme. L’arte risponde all’enigma dell’esistenza: ci dice perché esistiamo, infondendo nella nostra vita un senso di adeguatezza. Nella forma più elevata della bellezza, l’esistenza diventa la sua stessa giustificazione, redenta dalla contingenza mediante la logica che collega la fine delle cose con il loro inizio, come avviene nel Paradiso perduto, nella Fedra e nell’Anello dei Nibelunghi. La forma più elevata di bellezza, esemplificata in queste realizzazioni artistiche supreme, è uno dei doni più grandi che la vita ci fa. È il vero terreno del valore dell’arte, perché è ciò che l’arte, e solo l’arte, può dare.

Da «LA BELLEZZA» di Roger Scruton

2 thoughts on “Il valore dell’arte

  1. L’arte ricerca l’instabilità, è un dato di fatto. Può sembrare uno scherzo dall’esterno, ma gli artisti non giocano. Dietro ogni opera c’è un mondo di sacrifici e frustrazioni, come dimostrato dal percorso di Beethoven nella composizione dei suoi quartetti per archi. Ne parlavo proprio ieri con un amico compositore, e lui mi ha descritto quei quartetti usando l’immagine di una barca: la preparazione, le vele spiegate, e poi il momento in cui prende il largo verso destinazioni ignote per l’umanità. Ma non è finita qui: lo scafo inizia a sollevarsi sull’acqua, fino a staccarsi completamente dalla superficie, decollando e perdersi nello spazio più remoto.
    L’arte ci sfida a trovare significato e ordine in ciò che potrebbe sembrare caotico o disarmonico. È un’esperienza che ci connette con l’enigma dell’esistenza e ci dona un senso di adeguatezza e giustificazione.
    Gli artisti sono essenzialmente dei navigatori, esploratori dei confini dell’espressione umana, pronti a solcare i mari tumultuosi dell’immaginazione e a guidarci attraverso terre sconosciute.

    1. Che cos’è il gioco se non il mondo dell’immaginazione libera? Calarsi nel gioco ci permette di prendere le distanze dalle preoccupazioni e dai vincoli che ogni giorno ci presenta. Il gioco è quindi lo strumento della creazione immediata e l’opera che ne viene fuori è l’oggetto ordinato del caos prodotto dalla immaginazione lanciata al galoppo dalla libertà.

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