Cercati, in Me; cercami, in te.

di Raimon Panikkar.

Santa Teresa d’Avila udì da Cristo le seguenti parole:

“Anima, in Me devi cercarti,

e Me cercare devi in te.

….. …..

Fosti per amor creata

bella, graziosa, e così

nel mio cuor dipinta,

se ti smarrisci, o mia amata,

anima, cercarti devi in Me.

….. …..

E se tu forse non sapessi

dove puoi trovare Me,

non andare di qua e di là,

ma, se trovarmi volessi

Me cercare devi in te”

Semel locutus est Deus, duo haec audivi“(Salmo LXI, 12)

  • Una sola locutio fu data a Teresa, cerca
  • Ma Teresa udì due inviti, cercati, cercami.

Cercati, in Me; cercami, in te.

a) Cercati in me, svuotandoti di te.

Non mi puoi cercare se sei pieno di te, devi svuotarti.

b) Cercati in me, uscendo da te.

Non mi puoi cercare se non abbandoni tutto quello che possiedi, devi uscire da te.

Cercati in Me, questo altro sono io; scopri l’unico Altro che, non essendo propriamente altro, ti permette di essere te stessa, che rompe il tuo isolamento rispettando la tua unicità. E, se lasci che l’amore penetri in te, scoprirai che quell’Altro non è un altro, ma Me – che sono Io.

-L’uomo è un pellegrino, ma il peregrinare non è un viaggiare verso una meta conosciuta, tanto meno una gita turistica alla ricerca di sensazioni esotiche. La vita umana è un mettersi in cammino verso l’avventura rischiosa dell’essere o del non essere.-

c) Cercati in me, scoprendo Me.

Non soltanto scopriamo tutta la realtà in noi, ma ci rendiamo anche consapevoli di essere noi stessi la realtà. Il considerarci “parte” di questa realtà è una metafora grossolana e troppo spaziale. Siamo piuttosto immagini, icone di tutta la realtà. Questo Me non è un’astrazione, ha un volto riconoscibile. L’amante scopre l’amata….

Búscate en Mí. Ma questo non è che l’introito. Ti cerchi, ti devi cercare, sei costretto a cercarti, a conoscere chi sei. Ma questo lo devi fare fuori di te (perciò cerchi) senza uscire da te – altrimenti non ti troverai, ma troverai un altro, ti alienerai”.

“Non puoi cercarti nelle cose. Esse non sono te – e se ti trovassi tra di esse saresti semplicemente una cosa. Non puoi nemmeno cercarti in un Dio trascendente perché non ti è possibile e, se lo fosse, il Dio o non sarebbe più trascendente o tu non saresti più tu, il tuo io. Devi dunque cercarti in Me, e questo ti permetterà di essere quello che sei. Devi cercarti cercando Me”.

QUESTO CI PORTA AL SECONDO MOMENTO, QUELLO CHE CERCHIAMO NON PUÒ CHE  ESSERE IN NOI

Búscame en ti” 

a) Cercami in te – come il tuo “te” più profondo.  

Ma in te non troverai all’inizio niente che assomigli a Me. In te troverai solo ego-ismo, pochezza, limitazione. E se questo non fossi tu? Ha dimenticato che sei “bella, graziosa, nel mio cuore dipinta”? Sa cerchi Me in te troverai questa bontà, bellezza e verità che è in te, scoprirai la tua dignità e avrai fiducia in te. Come puoi credere in Me se non credi in te, che è il soggetto del tuo credere?”.

Se perdiamo l’autostima, questa fiducia in noi stessi, difficilmente potremo stimare gli altri e avere fede in “Dio”.

Perciò questo “cercami” viene dopo il “cercati”. Non possiamo cercare “Dio” se non abbiamo fiducia in chi ricerca.

b) Cercami in te – come il tuo tu.

Cercami tu, cercami dunque come tu sei; sei tu che mi cerchi e sei tu che mi trovi non come un altro ma come un tu nell’intimità del tuo essere. Tu mi scopri e mi parli come a un amico, a un amato, cioè come un tu che è in rapporto con te. Soltanto quando hai fatto questa scoperta ti renderai conto che il silenzio di questo tu rivela qualcosa di insospettato. Hai vinto il dualismo perché questo tu lo vivi come un tuo tu, ma non hai superato il monismo. Io non sono tu.

Ci apriamo alla vita di preghiera: ci rivolgiamo a “lui” come un tu. Preghiamo “lui” come un tu, lo chiamiamo “tu”. Ma questo tu risponde di rado e quasi mai direttamente. Si perde la prima innocenza e subentra il dubbio che tutto sia una proiezione – forse dei nostri desideri insoddisfatti. Avviliti dalla notte oscura dell’anima molti si scoraggiano e si volgono indietro.(LcIX,62)

Ma il pellegrinaggio non finisce qui.

c) Cercami in te – come il tuo io.

Cercami in te perché fuori di te non mi troverai. Sono io che ti dico che devi cercarmi in te. L’iniziativa non è tua. Mi hai scoperto come un “tu”, ma è proprio questo “tu” che si rivolge a te come al suo tu. “Io sono” e pertanto “tu sei”! Tu sei mia non tanto come proprietà di un padrone o di un Dio creatore, ma tu sei, precisamente, il mio tu – e Io ti chiamo tu. Tu mi sei cara, tu sei mia figlia. Cercami, non come un altro, non come Due, non come Uno, ma come l’Io che io sono, che fa sì che tu sia – un tu, il mio tu. Sei “tu” che sei un “tu”, non Io.

Ci si ferma quando si rinuncia al cammino, perché se Dio è l’Altro, la meta è irraggiungibile. Questo è il dualismo. Ma la creatura dovrà rassegnarsi ad essere sempre creatura? Non saremo mai Dio?

L’eco del serpente “sarete come Dei” ancora risuona nelle nostre orecchie e questa aspirazione non si è mai più spenta nella natura umana. Il secondo Adamo ci offre una speranza ancora più ardita:” Non sarete come Dei, ma siete chiamati ad essere figli dello stesso Dio, a essere una sola cosa con il Figlio, totalmente divinizzati”.

Il dualismo fa di questa aspirazione un sogno orgoglioso. L’abisso non può essere varcato. Allora l’uomo, che ha sete di infinito, si scoraggia e si stanca di un pellegrinaggio che non soddisfa la sua irrequietezza. Abbandona Dio e si butta nelle cose di questo mondo, a costruire la città umana, a realizzare un mondo migliore, a sognare il paradiso perduto, a proiettare nel futuro le sue speranze fallite. Ma questo futuro non arriva mai e la vita è breve. 

L’uomo si consacra allora al lavoro sulle cose, a diventare il loro padrone, a essere il Signore di esse, poiché il suo Dio si è ritirato nella trascendenza e lo ha abbandonato. 

L’irrequietezza appartiene alla natura umana e quelli che si credono i migliori, fin dall’antichità, sono inghiottiti nell’abisso di una divinità che nega il mondo, da dove non escono più. È il monismo  in cui sfocia l’uomo quando vuol liberarsi da solo dal dualismo: il mondo allora sarebbe illusorio, o per lo meno provvisorio, e la personalità un inganno. 

In ambedue i casi non c’è più dinamismo, ricerca. Il búscame cessa e la vita cessa. Nel primo caso l’uomo rimane soltanto “uomo” e si accontenta di essere un buon uomo. L’etica diventa religione. 

Nel secondo caso l’uomo diventa Dio e si consola credendo di non aver più bisogno del “Consolatore” poiché si è già tramutato in Dio. Tutta la storia della spiritualità umana è attraversata da questa tensione: o l’Uomo o Dio; o l’epifania umanistica o la teofania disumanizzante e monoteista. Manca un mediatore, una cristofania al contempo umana e divina. Né l’uomo è la misura di tutte le cose né Dio è il metron di tutto, ma la Trinità. Il cercami non si può scindere dal cercati. Il me e il te sono correlativi. Il metron è umano e divino. 

Questo è il terzo stadio: la scoperta dell’Io. Qui la trinità è centrale. 

“Tu” non sei io. “Tu” sei un “tu” che sta in Me, un “tu” che l’Io fa scaturire – amando. Cercandomi in te scopri che sono Io che ti spingo a cercare per darti la Vita nella ricerca stessa. Tu scopri l’Io essendo tu, essendo tu stessa, essendo il tu dell’Io.

Tu puoi unirti a me e, senza cessare di essere tu, fare l’esperienza che tu sei perché io dico “Io sono tu”, anche se tu non puoi dire “tu sono (io)”. Potresti, al massimo, dire “tu sei Io [l’Io]”; ma il “tu sei” non è l'”Io sono”.

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