Le diverse forme dell’oblio 

di Louis Lavelle.

Esiste una virtù dell’oblio così come una virtù dell’indifferenza. 

Senza dubbio ci sono ricordi che ci sfuggono quando li inseguiamo, altri che svaniscono a poco a poco senza che ce ne curiamo; e ce ne sono altri che si impongono nostro malgrado e che non riusciamo a cacciare quando vogliamo.

D’altra parte sembra che soltanto l’avvenire, che appartiene all’ordine del possibile e non del compiuto, dipenda da noi, e che solo di esso si possa fare un uso buono o cattivo. Ma anche del passato, benché sia ormai realizzato, ne disponiamo in qualche modo. Ed è mediante un atto che è ancora nel futuro che posso rianimarlo o lasciarlo sepolto; è, fino a un certo punto, nelle mie mani.

L’oblio è il segno della nostra debolezza e della nostra miseria poiché fa sì che l’essere, per così dire, fugga perennemente da sé stesso. Ma è anche il segno della nostra forza, sia perché mostra nella nostra coscienza un potere di annullare che è comparabile al suo potere di creare, e che in un certo senso lo supera, sia perché è per noi lo strumento di una purificazione e di una rinascita ininterrotte. Ci rende la presenza di ciò che è sottraendoci la presenza di ciò che non è più. Reca in sé una potenza annientante e liberatrice che ci allontana da tutte le preoccupazioni che ci trattengono, e ci consente di ricominciare completamente la nostra vita in ogni momento.

Esiste un oblio negativo e carnale che mi separa da un passato del quale non sopporto più la vista, di cui nego la responsabilità e le conseguenze, come se, con la somma potenza del mio accecamento, cercassi di annientarlo senza riuscirvi. E c’è un oblio positivo e spirituale mediante il quale pongo, per così dire, tutto il mio passato in Dio con lo scopo di rimettere tutta la mia fiducia nel dono attuale della sua grazia. Il primo oblio assomiglia alla morte, il secondo alla resurrezione.

Ma se la potenza del dimenticare è una tale forza, la potenza di non dimenticare è una forza ancora più grande, la più crudele quando porta il risentimento, la più dolce o la più bella quando si tramuta in perdono.  

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