di Roberto Calasso.

In Tucidide si può trovare un esempio che solo la storia successiva degli anni di Stalin e Hitler hanno svelato: «Anche preoccupati dalla malevolenza e dalla moltitudine degli iloti (sempre il rapporto dei Lacedemoni con gli iloti era stato fondato sul difendersi da essi) fecero anche questo: annunciarono che chiunque fra gli iloti riteneva avere acquistato, nelle guerre passate, i più alti meriti presentasse i suoi titoli. E questi, una volta esaminati, avrebbero potuto fruttargli la libertà. Era invece una prova, perché coloro che, per orgoglio, più si ritenevano degni erano anche quelli che più facilmente potevano passare alla rivolta. I prescelti furono all’incirca duemila e, incoronati, fecero il giro dei templi come se fossero stati liberati. Non molto tempo dopo gli Spartani li fecero scomparire e nessuno sa in quale modo ciascuno di essi fu messo a morte….Quelli che uccidono, gli Spartani li uccidono di notte, di giorno non uccidono nessuno» scrisse Erodoto, soffermandosi senza un’apparente ragione.

L’iniziazione è metamorfosi nella fisiologia: la circolazione del sangue e della mente assorbe una nuova sostanza, il sapore di una sapienza. Questo sapore è il sapore del tutto: nella variante lacedemone, invece, è il sapore della società come tutto. Così si passa dall’antico al nuovo regime. 

L’uguaglianza è una qualità prodotta dall’iniziazione: non si dà in natura e la società non saprebbe concepirla se non fosse innervata dall’iniziazione. C’è poi un momento in cui l’uguaglianza si incardina nella storia, e da lì procede finché gli ignari teorici della democrazia credono di scoprirla – e la oppongono, come suo contrario, all’iniziazione. 

Quel momento iniziale è Sparta. Gli Spartani erano innanzitutto hómoioi, «uguali», in quanto membri dello stesso gruppo iniziatico. Ma quel gruppo era la società tutta. Sparta, unico luogo in Grecia e nella successiva storia europea, dove l’intera cittadinanza costituisce una setta iniziatica. 

Abbeverati alla potenza, più nel suo principio che nel suo dispiegarsi, dimenticarono e disprezzarono presto ogni altra bevanda d’immortalità; indifferenti alla poesia, anche se in anni lontani Alcmane aveva cantato con parole incantevoli le fanciulle Leucippidi che corrono come puledre lungo l’Eurota, «gli Spartani sembrano essere, fra tutti gli uomini, quelli che meno ammirano la poesia e la gloria poetica». Verso ogni forma, verso ogni arte, verso ogni desiderio il loro atteggiamento è quello che hanno verso la musica: renderla «innanzitutto innocua e poi utile».

Sparta capì, con una chiarezza che la distacca da ogni altra società antica, che il vero nemico era la sovrabbondanza che appartiene alla vita. Le due ominose retre di Licurgo, che precedono e vanificano ogni legge, impongono soltanto di non scrivere le leggi e di non ammettere il lusso. È questa forse la prova più abbagliante di laconismo che ci venga da Sparta, se tali non vogliamo considerare le torve moralità che ci sono state tramandate. Qui, davvero, si avverte il soffio maligno dell’oracolo: la proibizione della scrittura e del lusso è sufficiente a significare la condanna di tutto ciò che il controllo non può afferrare. 

«A leggere e a scrivere imparavano nei limiti dell’indispensabile». In ogni angolo della vita, come un insonne aguzzino, Licurgo aveva trovato il troppo, per strozzarlo prima che crescesse. La sovrabbondanza potevano avvertirla, gli Spartani, in un solo momento: quando i flautisti intonavano il ritmo di Castore, rispondeva il peana, e una schiera compatta, con lunghe chiome sciolte avanzava compatta. «Spettacolo solenne e terrificante» era la guerra, il momento in cui il dio era nello Stato e nel singolo, unico momento in cui le norme permettevano ai giovani «di farsi belli nella chioma e adornarsi di armi e mantelli», diventando simili a «cavalli che vanno alteri e nitriscono per la gara». Quando la marcia si arrestava, lo Spartano, «con le gambe divaricate, ben piantato sul suolo, si mordeva il labbro».

«Licurgo, compiaciuto e soddisfatto per la bellezza e grandezza della sua legislazione, ormai realizzata e avviata, desiderò lasciarla immortale e immutabile per l’avvenire, per quanto possibile alla preveggenza umana».

Licurgo è il primo che compone un mondo che esclude il mondo: la società spartana. È il primo sperimentatore sul corpo sociale, legittimo progenitore che ogni reggitore moderno, anche se non ha l’impeto di Lenin e di Hitler, tenta di imitare.

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