di Santo Mazzarino.
I Greci iniziarono ad avere dei rapporti con l’Oriente a partire da quello Egiziano sin dall’epoca di Psammetico (XXVI dinastia a metà del settimo sec. a.C.). Nessun rapporto, fin verso la prima metà del VII secolo fra grecità (eccetto la cipriota e la cilicia) e Oriente mesopotamico. Mediatori, prima di quest’epoca, i Fenici e la koiné micrasiatica, gli uni e gli altri in modo vario e profondamente diverso.
In quest’epoca arcaica (anteriore al VI secolo) esisteva una grecità barbarizzata diffusa soprattutto sulla costa orientale del mar Egeo ma anche in Cilicia, in Tunisia, in Arabia…. La Cilicia, infatti, è per gli Assiri terra di Javan, un catalogo di paesi dice Javan per la Cilicia, come già prima gli Assiri dicevano Javan per Cipro. In Tunisia Elîsha era figlio di Javan; questi Javan, una volta scoperto l’Egitto, si erano rivolti all’Arabia, erano divenuti gli Javan di Uzal.
Quest’epoca arcaica è l’epoca della grecità periferica: così di quella che dona l’epos e la storia (ionica) come di quella avventurosa che darà le colonie siciliote, italiote e spagnole, come di quella che si lascerà, a poco a poco, assorbire e sparirà senza tracce.
È importante sottolineare che l’evoluzione costituzionale greca non si commisura alla diversa attitudine delle varie stirpi, ma solo all’atteggiamento ideale dell’anima greca, che è tutta individualistica e collettivistica, a un tempo, ionica o dorica non importa. Le definizioni delle diverse attitudini delle stirpi sono un fatto posteriore: esse si elaborano solo nel corso del sesto secolo e solo l’epoca classica potrà contrapporre veramente Sparta ad Atene agli Ioni. Il travaglio costituzionale è apparso dunque opera di tutti i Greci ed è puramente greco senza nessun influsso straniero. In esso l’anima dell’Occidente si è per la prima volta rivelata: partendo da condizioni economiche e sociali analoghe a quelle delle città-stato orientali, i Greci hanno scoperto qualcosa che gli Orientali non sospettavano: l’esigenza isonomica (la legge è uguale per tutti). Questa fu la nascita dell’Occidente.
A questa scoperta, che si può definire politica anche in senso etimologico, si contrappone una minor sensibilità nazionale dei Greci, tranne che nelle zone più esposte (Cirene) o nell’epoca della lotta per l’indipendenza (guerra persiana). La ragione profonda è che mancava ai Greci quel fanatismo religioso, che è agli Orientali simbolo della vita stessa nazionale. Religione olimpica ed esperienza politica si connettono per tale via. D’altra parte proprio questa minor sensibilità nazionale permetteva ai Greci di cercare negli altri popoli la voce profonda di una comune esperienza umana.
Neanche le guerre persiane, neppure la contrapposizione (che ne derivò) di Elleni e barbari, riuscirono a distruggere questa profonda esigenza dell’anima greca. L’ellenismo fu, infine, l’incontro di questa esigenza con l’universalismo territoriale del grande “re dei paesi”.
Da questo incontro (che diede gli imperi ellenistici e l’impero romano) si formò quella cultura che è la nostra e che, grosso modo, si può dire greca per la politica e orientale per la religione. Ma la stessa unità di questa nostra cultura è prova, dunque, che nell’anima occidentale (cioè nell’anima greca) non era chiusa avversione all’Oriente, ma aperta ansia di comprensione e di assimilazione. Nella grecità arcaica quest’ansia si coglie distintamente per la prima volta nella storia mondiale; nell’epoca classica si oscurò quell’ansia, ma non si eliminò dall’anima greca, ed essa rivisse in altro modo nella grecità ellenistica e nel mondo romano.
——————————————– ° ——————————————–
- La storia greca si apriva, in epoca arcaica, con dei “prestiti”, più o meno notevoli, dal mondo orientale, ma prestiti in ogni caso; e si concludeva con la fusione di grecità e oriente nel mondo ellenistico; si continuava, come storia antica, nel mondo ellenistico-romano, fino alla fondazione di una cultura cristiana, nuovo (ma il più grandioso e decisivo) dono d’Oriente.
- L’alfabeto nel 900 a.C. e il cristianesimo nell’epoca romana possono assumersi a simbolo dei doni dell’Oriente all’Occidente, al principio come alla fine della storia antica. La storia antica si rivelava, perciò, una unità.
- La crisi della polis greca intorno al 400, dall’interna separazione e distacco dell’individuo (Socrate) dalla polis come unità di sentimento religioso e coscienza politica, si risolve nella nuova realtà derivata dalla conquista di Alessandro Magno.
- La cultura greca (la cultura della polis) sopravvive solo nelle forme nuove elaborate in epoca ellenistica.
- Il travaglio da cui proviene la polis è fenomeno di almeno sei secoli posteriore allo stato degli Achchijavā (XIV sec.), ed è il fenomeno in cui la koinè culturale micrasiatica, che pur si riconduce alle esperienze dell’età del bronzo e della prima età del ferro, ha il minimo di importanza.
- Il ritmo di questa storia greca arcaica è in questo continuo muoversi di esperienze culturali e politiche dalla madrepatria alla Ionia, e da questa alla madrepatria e alle colonie d’Italia e Sicilia. Già nell’ottavo secolo la prima rivelazione del miracolo greco è ionica: è l’epos di Omero. Questo fu il più grande dono degli Ioni alla madrepatria.
- Quel ritmo e processo dialettico che si svolge fra la madrepatria e la Ionia si illumina particolarmente alla luce dell’evoluzione costituzionale.
- Anche nell’epoca micenea c’erano i greci in Asia Minore; greci orientalizzati più o meno, fino ad apparire orientali più che Greci. Tali erano gli Achchijavā e i Luqqā. Potenza statale dell’Oriente gli Achchijavā, che viveva continuamente in rapporti e contatti diplomatici con le grandi monarchie orientali, tipo l’ittita, l’egiziana, l’assira e la babilonese, avrà assunto caratteri e aspetti orientali che certo la differenziavano alquanto dai contemporanei principati micenei della Grecia propria. Così è che a questi Achchijavā, che appaiono dispersi fra le popolazioni asiatiche e commisti con esse, verrà associato il nome Acaioi, nome di popolazioni non greche, che solo in seguito sarebbe adottato dalle popolazioni greche omeriche.
- In questo periodo arcaico, l’arte greca, che va dall’ottavo al sesto secolo, ha avuto in sé la sua autonomia e giustificazione estetica con una originalità e vivacità di creazione che è propria della Grecia arcaica.
- La storia greca si presenta sotto un aspetto a prima vista strano e anzi unico: dapprima una fioritura micenea; poi, a distanza di secoli, la grecità dispiegata, la polis e la cultura greca. Ma che rapporti ci sono tra il miceneo e la grecità dispiegata, fra il miceneo e la grecità della polis?
- Il miceneo rappresenta tutt’altra cosa dalla grecità della polis, un altro mondo. Sono i greci dell’epoca del bronzo; ma quella non è l’epoca dei greci.
- L’epoca che per la Grecia è micenea, nella storia mondiale è piuttosto l’epoca del nuovo impero egizio, del nuovo impero hittita, della cultura cretese; e di quest’ultima la cultura micenea è un meraviglioso riflesso: vivo e originale, ma comunque riflesso.
- L’epoca della polis, invece, nella storia mondiale è solo e semplicemente l’epoca della polis: allora la grecità è al centro della storia mondiale, è veramente se stessa e riassume in sé la storia mondiale.
- Cos’è avvenuto? Qui si può parlare di “medioevo greco”, inteso in senso positivo come crogiolo in cui si preparano le nuove forze che poi emergeranno nella storia.
- Nel 1.200 un colossale sconvolgimento aveva cambiato la facies del Mediterraneo orientale: cadde l’impero hittita, si avviò alla decadenza l’egizio.
- Questi greci che all’epoca micenea avevano saputo essere originali imitatori dei cretesi in patria, ed assimilatori di esperienze complesse nella zona micrasiatica dei Achchijavā, divennero ora se stessi. Basta leggere il viaggio di Wen Amonper intendere come, essendo finito l’impero hittita e decaduto l’egiziano, la vita nel Mediterraneo orientale fosse stentata: ogni comunità chiusa in se stessa. Ebbene: allora chiusi in sé, i greci scoprirono se stessi.
- I nuovi coloni eolo-ionici in Asia Minore non si barbarizzarono: ellenizzarono, invece. Mileto, vecchia città miceneizzata dai Luqqā (che pur erano, con ogni probabilità, greci barbarizzati), non aveva aspetto greco; era divenuta città di Cari barbarophonoi; i greci la ellenizzarono e fu la massima città della Ionia. Di cario rimasero poche parole liturgiche e d il ricordo dei Cari barbarophonoi ncor vivo nel Catalogo dei troiani dell’Iliade. Così fu delle altre città della Ionia
- I greci venuti in Asia Minore all’epoca del nuovo impero hittita erano stati un’altra cosa; forti e solidi guerrieri (come attesta la stessa fondazione dello stato degli Achchijavā), buoni commercianti e artigiani (come attestano i reperti micenei di Asia Minore e Siria), essi tuttavia non hanno avuto la possibilità di svolgere, nell’intimo raccoglimento nazionale, le profonde risorse della grecità. Essi hanno fondato lo stato alla maniera orientale, lo stato degli Achchijavā, ma non hanno dato la polis.
- In ogni caso, nello studio dell’epoca del bronzo, rapportato alla grecità arcaica, la migrazione dorica non deve assumere un ruolo di contrapposizione netta alla civiltà ionica. Non si deve contare sul contrasto tra di Ioni e Dori come su qualcosa di dato e di determinato; l’esigenza di intendere la storia greca come storia non già di entità etnicamente distinte ab initio, ma di continua e viva attività dello spirito.
- Partendo non già da una presupposta differenza etnica di Ioni e Dori, ma dalla continua vicenda e contrasto di mondo greco asiatico (prevalentemente ionico) e mondo greco continentale (dorico, attico e beotico); nello sfondo sarà la grecità d’Italia e di Sicilia, in cui il dorismo presto prevalse sullo ionismo.
- Ionismo e dorismo resteranno piuttosto concetti linguistici; il ritmo della storia greca si commisurerà soprattutto ai rapporti delle aree in cui essa si svolse e celebrò e alle caratteristiche culturali che ne segnarono i caratteri.
- Asia ed Europa sono i due termini con cui siamo soliti designare l’antitesi Oriente-Occidente. Erano anche i termini con cui quell’antitesi era indicata dai greci stessi.
- La storia di Erodoto “filobarbaro” è tuttavia la storia dell’antico conflitto per cui i fenici rapirono Io argiva, e poi, per vendetta, certi greci rapirono Europa fenicia; indi nuova offesa dei greci, col rapimento di Medea, e nuova degli asiatici, col ratto di Elena e la guerra di Troia; sì che dopo questa leggendaria preistoria, si inserì il conflitto fra lidii e greci e poi di ioni ribelli e persiani, e infine le guerre persiane stesse, culmine di una mitica e storica vicenda. Offese antichissime e leggendarie, dunque, furono per Erodoto l’origine del conflitto; lotte di lidii e greci, di greci e persiani la storia di questo scontro antico fra Asia ed Europa.
- Proprio per questo, a chi voglia cogliere il significato profondo di quella storia più antica del duello d’Asia ed Europa, appare necessario chiedersi come si possa essere formato il concetto di Asia.
- Strano appare, ad una prima superficiale considerazione, il modo stesso per cui una semplice striscia di mare, questo vecchio Ellesponto molto risonante, potè apparire già ad Anassimandro, confine di due mondi, dell’Europa e dell’Asia.
- Asia indica l’Asia Minore in quanto su essa si è estesa, poco a poco, l’influenza lidia.
- Gli ioni, immigrati in Asia, dovevano vedere quel mondo lidio (antico e di alta cultura) come la veneranda sede di un’antica umanità: e perciò non meraviglia che essi facessero di Asia la sposa di Prometeo, di quel loro dio del fuoco che sempre più assumeva piuttosto l’aspetto di mitico padre e protettore dell’umanità.
- Quando i coloni ionici del secolo ottavo, che avevano favoleggiato delle nozze fra Prometeo ed Asia, non avevano una chiara volontà di connettere con vincoli di parentela le due parti del mondo, il cui stesso concetto non esisteva chiaro e definito, ma piuttosto indica solo quel non so che di venerazione ammirata da cui i coloni erano presi rispetto all’antichità di questa regione.
- In un’epoca così arcaica, come non esiste definito il concetto delle due parti della terra, così non si sente il contrasto fra greci e barbari alla maniera in cui noi lo intendiamo: barbaroi è solo un concetto linguistico.
- Ma è anche evidente che la mitica connessione dei coniugi Prometeo ed Asia non sarebbe bastata; l’evoluzione del concetto di Asia non si è svolto su un piano mitico, ma su un piano soprattutto politico; è la storia di un concetto territoriale, non già di un’immagine mitica. Ciò è mostrato dal processo per cui Asia indica dapprima la Lidia, poi l’Asia Minore, infine l’Oriente anteriore. Questo processo dimostra che il concetto d’Asia ebbe una evoluzione parallela alla stessa espansione della potenza lidia come potenza dominante in Asia Minore e infine al riassorbimento della Lidia medesima nella grande unità anteroasiatica in seguito alla fondazione dell’impero persiano.
- L’ingrandimento dello stato lidio (con la connessa evoluzione del concetto di Asia) si compie nel corso del settimo secolo. Prima di Gige, lo stato lidio non era il primo stato di Anatolia: a prescindere dall’Urartu (che va considerato a parte), c’era il grande stato frigio e poi stati minori fra cui tutte le poleis greche. Ma nel 714 i Cimmerii invasero l’Urartu; Rusa I di Urartu si tolse la vita, fu un grande colpo per il vecchio stato chaldio che a stento si riebbe. Poi, i Cimmerii avanzarono ancora verso occidente: lo stato frigio fu distrutto e si disse che anche il suo re, Mida, si uccidesse (circa 696 a.C.). La fine del regno frigio fu l’inizio della nuova potenza lidia: nonostante la continua minaccia cimmeria alle spalle. Il nuovo stato lidio, lo stato di Gige, ebbe una posizione nettamente egemonica in Asia Minore.
- Il primo formarsi dell’equazione Asia=Asia Minore si data dunque alla prima metà del settimo secolo, e intorno al 650 scrive Antiloco.
- L’esistenza del mondo asiatico è vista con l’occhio superficiale dello ionico che si interessa solo della sua terra e di quelle che con essa sono in più diretto rapporto. Queste sono individuate in uno scritto pseudo-ippocrateo che si immagina la terra come il corpo umano e, come questo, la divide in sette parti, prese dalla carta di Anassimandro: il Peloponneso, l’Istmo, la Ionia, l’Ellesponto, ilBosforo tracio e il cimmerio, Egitto e mar egizio, ed ultima Ponto Eussino e palude Meotide.
- L’eptadista, però, intende che c’è un grande avvenimento: la fondazione dell’impero persiano, la rivelazione che c’è un’Asia al di là di quell’Asia anatolica, tutta protesa verso il Mar Nero il cui oscuro nome scitico essi Ioni avevan volto a indicare il mare inospite fattosi ospitale.
- Il concetto di Asia appare elaborato e diffuso in maniera definitiva già ai primi tempi dell’impero di Dario.
- Quindi, tra l’Asia di Saffo, nel carme delle nozze di Ettore e Andromaca attorno al 550 a.C., e quella della lettera di Dario al satrapo Gadata nei primi tempi del suo impero attorno alla fine del sesto secolo, tra la carta di Anassimandro e quella di Ecateo in cui compare definito l’impero, c’è la fondazione dell’impero persiano. Con essa la penisola anatolica, quella che sin ora era apparsa l’Asia, sembrò quasi estendersi e come allargarsi man mano; le terre del nuovo grande impero nella cui orbita si era entrati, furono, tutte, l’Asia; il concetto di Asia si coprì col concetto dei paesi in cui era re il re persiano, basileus Asias.
- Ora la grecità micrasiatica, finora in rapporto con quell’Oriente micrasiatico così vicino e semi-greco, era entrata in contatto con un mondo immenso; l’Europa in contatto con l’Asia.
- Nell’opposizione Europa-Asia culmina il travaglio della riflessione storica e della intuizione poetica e della stessa pratica azione di tutto il quinto secolo: dai Persiani di Eschilo, cui è motivo la ibris di un asiatico che volle passare in Europa, ad affini motivi in Erodoto (in cui tuttavia la ionica svalutazione di Aristagora e dell’aiuto ateniese alla rivoluzione del 499, si fondono con la visione, faticosamente conquistata, di un’Atene che ha salvato l’Ellade dall’Asia e della ibris che si punisce in Serse); dall’azione di Temistocle che guarda all’Europa più che all’Asia, a quella di Cimone, che – figlio del primo fra i maratonomachi – all’Asia guarda tuttavia, ed infine all’imperialismo – asiatico a un tempo ed europeo – di Pericle.
- E pur tuttavia, anzi appunto per questa complessità e varietà di esperienze, quella diade Europa-Asia resta ancora suscettibile di più vasti sviluppi: nel quarto secolo, già la pace di Antalcida tenterà un nuovo sviluppo per nuove circostanze politiche; e poi col regno di Filippo, potè vagheggiarsi l’avvento di un grande stato europeo – una Europa greco-macedone, grande come l’Asia persiana. Ma proprio allora, invece, venne con Alessandro una nuova sintesi, in cui non si poté dire che “il mare separò l’Europa dall’Asia”: venne l’ellenismo. E a Demetrio Poliorcete si attribuì un doppio diadema.
- Tale, dunque, la vicenda di un nome che, nell’uso classico, fu contrapposto ad Europa, come Oriente a Occidente. E le tappe sono ormai chiare: come Europa era in origine divinità ctonia beotico, così Asia fu intesa come la dea eponima della regione lidia intorno all’omerico Asios leimón; poi si formò il grande stato lidio, l’Asia Minore pressoché unificata sotto la sua influenza e parallelamente Asia fu l’Asia Minore; poi l’unificazione persiana dell’Oriente anteriore, e perciò le si contrappose Europa fattasi, da designazione della Grecia continentale non peloponnesiaca, nome di tutto il continente non-asiatico. Poi le guerre persiane: vittoria dell’Europa sull’Asia colpevole di ibris. Infine Filippo: fondazione, pareva, dell’Europa ormai per sempre distinta dall’Asia; ed era invece superamento della diade e fusione.
- Due momenti dominano questa vicenda: la fondazione dell’impero persiano ad opera di Ciro, le guerre persiane del 490 e 480.
- Se di epoche si volesse parlare nella storia greca (con tutte le riserve che il concetto di “epoca” può comportare), in quei due momenti dovremmo cercarle: il 540 e il 490/480. Due momenti in cui la storia mondiale si fa greca, e la greca si configura come storia mondiale.
- Nel 540 si fonda l’Asia come unità dell’Oriente anteriore e la Ionia rientra in essa.
- Nel 490/480 si fonda quella che fu chiamata la “coscienza nazionale greca”; o, noi diremmo, la grecità si riconosce come realtà politicamente insopprimibile ed opposta all’Asia.
- Questo problema della “coscienza nazionale greca” è stato posto spesso in Italia, da storici italiani.
- Ci sono altre interpretazioni che divergono da questa visuale e sostengono che non è corretto applicare alla storia greca il concetto di unità nazionale in quanto i greci non lo conoscevano e non se ne interessavano in quell’epoca.
- Il neo-umanesimo esprimeva intanto una chiara esigenza di più adeguata interpretazione del mondo greco, al di fuori degli schemi della esperienza storica moderna: un mondo di poleis senza contenuto specificatamente territoriale, dove non si poteva parlare, non che di “coscienza nazionale”, ma nemmeno di “imperialismo” delle singole poleis a scapito delle altre.
- Altri infine, attraverso una tormentata esperienza che partiva dalla considerazione del rapporto unità-libertà nella vita politica greca, concludeva parlando di un carattere essenzialmente “culturale” della storia greca, come storia di un popolo “per cui la cultura non bastò ad attuarsi in politica”, e l’esclusione del barbarico, per adeguarsi politicamente, dovette convertirsi nel suo opposto e nella fondazione dell’ellenismo.
- Da un lato i greci dimostrarono sensibilità verso l’unione e ce lo tramanda Erodoto in un passo in cui gli ateniesi cedono l’egemonia della guerra navale contro i persiani “ritenendo soprattutto importante che l’Ellade sopravvivesse e ben sapendo che, se resteranno a contendere per l’egemonia, l’Ellade morrà: che era vero; una guerra fra uomini della stessa stirpe, infatti, è tanto peggiore di una guerra concorde, di quanto la guerra è peggiore della pace”.
- Ma, d’altra parte, è pur vero che, proprio nel momento stesso in cui la guerra nella fra greci e greci si presuppone come certa e sicura l’impossibilità, anzi l’inconcepibilità, di una unione che non sia fondata sulla reciproca indipendenza ed autonomia delle singole poleis; e mai ai greci fu chiaro il concetto di uno stato territoriale, ma sempre allo stato di persone essi guardarono, sì che l’unione era al servizio dell’ideale supremo. la polis, e non già essa stessa fine a se stessa.
- D’altra parte, però, la storia greca è soprattutto la storia della cultura greca che politicamente si configura come storia dell’ideale della polis; questo ideale è il comune denominatore in cui la storia dei greci trova quella unità che è presupposto di ogni ripensamento storico; quindi si dovranno porre gli inizi della storia greca col primo sorgere della vita della polis, vale a dire delle forme della vita greca.
- La storia del concetto di barbaroi come opposti a Ellenes e nettamente distinti, è parallela alla storia di Asia. Parallela in quanto, anche qui, i salti sono segnati appunto dalla formazione dell’impero persiano nel 540/39 e dalle guerre persiane del 490 e soprattutto del 480/79.
- Erano barbaroi, in origine, i”balbuzienti”, quelli che non intendevano o non parlavano il greco; ma poiché di questi balbuzienti quelli più immediatamente vicini erano legati agli Ioni da esigenze ed esperienze culturali affini, così nell’epos la parola compare solo nel Catalogo delle navi nel libro secondo dell’Iliade.
- Nell’epoca in cui l’epos si componeva, nei secoli ottavo ed anche settimo, gli occhi dei greci non guardavano a questi balbuzienti con la volontà di contrapporsi a loro con spirito “nazionale”, ma come una semplice curiosità culturale e linguistica.
- Poi, a poco a poco, il concetto di Asia indicò l’unità micrasiatica prima, antero-asiatica poi; il mondo orientale barbarico si rivelò più chiaramente e si presentò come una unità; ed anche il concetto di barbaroi si avviò a designare l’unità dei non-greci.
- La contrapposizione di Ellenes a barbaroi, ed infine il contatto co la unità dei barbaroi orientali riuniti nell’Asia persiana, così solo a poco a poco assume un contesto culturale preciso; ed infine, a seguito delle guerre persiane, indicherà la superiorità dei greci liberi sui barbaroi servi.
- Per concludere, nel dodicesimo secolo non solo i greci erano immigrati in Asia Minore; molte altre stirpi, almeno in prevalenza indo-germaniche, vi si erano stabilite; le stirpi che diatrussero l’impero hittita e l’organizzazione asiatica che ad esso si connetteva.
- Della formazione delle lingue di quelle stirpi, fuse col sostrato indigeno (ed anzi coi sostrati indigeni), si sa ben poco, ma quel poco basta ad affermare che i nuovi linguaggi (licio, cario, lidio, misio e frigio) erano abbastanza lontani dalla forma originaria delle lingue parlate dai conquistatori. Quei popoli immigrati dovettero largamente fondere il loro patrimonio linguistico con varie componenti locali, sino a smarrirne la fisionomia originaria.
- i coloni greci, no: il loro greco restò il greco, anche se essi accolsero parole e soprattutto fenomeni fonetici del mondo asiatico. Perché? Cosa restava a salvare il patrimonio linguistico dei greci d’Asia? Non solo la presenza anteriore di altri greci in quello stesso mondo (la presenza degli Achchijavā), e questa continuità della migrazione achchijavānendella loro; ma soprattutto la coscienza che dietro ad essi, vicino ad essi, era la madrepatria. Coscienza che, nei tempi più oscuri, non fu certo confortata da immenso scambio; ma che comunque, oscura pur essa, in certo modo restava.
- Le altre stirpi immigrate in Asia Minore avevano finito per vivere una vita esclusivamente asiatica; dalle regioni originarie esse erano più o meno lontane; mentre il mare non allontanava per sempre i coloni greci dalla Grecia continentale. Anzi: fu tale la coscienza dei legami che univano essi, gli Ioni d’Asia, agli Ioni del continente, che proprio la principale fra le innovazioni linguistiche sorte in terra ionica d’Asia fu accolta nel mondo attico.
- Questa coscienza della comunità linguistica con le stirpi ioniche del continente fu dunque agli Ioni d’Asia più o meno chiara, s’intende sempre più chiara man mano che i tempi lontani del passato si allontanavano.
- L’epos è sorto da questa rievocazione appassionata della madrepatria, dell’antico patrimonio mitico e dei cléa che con esso si connettevano; l’epos è innanzi tutto una testimonianza di amore alla terra d’origine, alla Grecia continentale; una testimonianza tanto più notevole, in quanto quei ricordi e quell’amore, lungi dal limitarsi alla madrepatria ionica, finirono col volgersi a tutta l’Ellade; e gli dèi omerici stabilirono, poi, una comunità mitica e religiosa dei greci vista dal suolo micrasiatico.
- Gli dèi e gli eroi dell’epos, dèi eolici, ionici e dorici, diverranno solo e semplicemente gli dèi della Grecia.
- Tre mondi caratterizzarono la storia dell’Asia anteriore nel periodo del ferro: uno ionico micrasiatico, uno siriaco e uno mesopotamico; questa distinzione può chiarire l’evoluzione del concetto di Asia e asiatici nel mondo greco, così ora ad essa ci ricondurrà la complessa e varia storia del concetto di Javan (Yaunā) nel mondo orientale. Questa ripartizione è un aspetto caratteristico della storia del mondo orientale, dopo la caduta dell’impero hittita: storia che, nei tempi oscuri, è segnata dall’interrompersi di quella unità culturale che aveva caratterizzato l’epoca del nuovo impero hittita, e che poi sembra ricostruire, a poco a poco, una certa unità asiatica, cui si comporrà, alla fine dell’evoluzione, l’Occidente europeo.
- La storia antichissima dell’Asia anteriore era sorta nel quarto millennio, nelle vallate del Tigri e dell’Eufrate, così come, nella connessa Africa nord-orientale, aveva avuto suo centro nella valle del Nilo; poi, intorno alla metà del secondo millennio, quella storia aveva preso altra fisionomia; la fondazione dell’impero hittita aveva avvicinato al Mediterraneo la cultura anteroasiatica: Hittiti ed Egitto erano grandi potenze, l’area siriaca eternamente contesa fra quelle due e pur non immune da influenze occidentali micenee; Cipro ugualmente esposta a codeste influenze e poi anzi “miceneizzata”, e pur essendo contesa tra l’influenza egiziana e la hittita; e pertanto, Creta e la Grecia micenea costituivano a quel mondo orientale lo sfondo, e in certo modo forse anche l’antitesi proto-occidentale ( ma un’antitesi appena accennata, che era tutt’altra cosa dall’antitesi greco-classica); la Babilonia cassita restava, dall’altra parte, a ricordare le antichissime origini della cultura orientale.
- Questo mondo orientale che finiva col gravitare verso il Mediterraneo resistette fino all’invasione dei popoli; i primi del dodicesimo secolo videro, con lo sfasciarsi dello stato hittita e col decadere dell’egizio, una nuova compagine di stati. Un mondo atomico sembrava: tanti e tanti stati nuovi ma fondamentale era questo dividersi della cultura, che dal quindicesimo al tredicesimo secolo aveva subìto un processo di unificazione, in vari tronconi, alcuni tipicamente orientali, altri più o meno mediterranei, altri ormai preludenti ad una cultura occidentale. Nei tempi oscuri questi rapporti il contatto fra questi tronconi fu assai relativo; poi i rapporti si fecero progressivamente più notevoli; ma naturalmente era altra cosa da quell’antico rapporto, per cui, come appare evidente nei documenti hittiti, la bilancia delle potenze si muove fra Hittiti ed Egitto e Babilonia e Assiria e Achchijavā.
- Non c’era più una bilancia delle potenze, un equilibrio (che significa vicendevole conoscenza e rapporto) fra gli stati. Nell’Asia anteriore il vecchio mondo propriamente orientale non era tanto rappresentato dalla Babilonia post-cassita, potenza di second’ordine, quanto piuttosto dall’Assiria, destinata a diventare grande impero continentale asiatico, col suo “re dei paesi”, verso il Mediterraneo, c’erano le varie formazioni statali di Siria, i due stati ebraici e gli stati fenici e, sempre più verso il nord di esso, gli stati “hittito-geroglifici”; poi, nell’Asia Minore, quel complesso vario, e pur in certo modo armonico, del mondo micrasiatico; infine, a ridosso, fra il mar Nero e il mar Casio, nella zona dei laghi Van e Goktscha e Urmia, lo stato chaldio di Urartu.
- E intanto nell’Egeo, dirimpetto e accanto alla cultura micrasiatica, era la nuova cultura greca, l’Occidente.
- Le migrazioni dei popoli, insomma, intorno al 1.200, avevano interrotto il “mediterraneizzarsi” della cultura orientale, e perciò nettamente distinto, per la prima volta nella storia mondiale, Oriente (nelle sue varie forme e sfumature) da Occidente, pur esso nelle sue varie forme e sfumature.
- La nuova civiltà che ne seguì a quelle migrazioni, la civiltà del ferro, ebbe già come motivo caratteristico, quella interruzione della unità mediterranea che poi, a poco a poco, culminò nell’antitesi fra Oriente e Occidente, un’antitesi centrale nella storia dell’umanità.
- Il nome Javan ha lontana origine dalla zona ionica d’Asia Minore.
- Come nome caratteristico degli Ioni propriamente detti non è certo in quanto si suppone che gli Assiri non apprendessero direttamente quel termine, ma lo attingessero alla terminologia geografica di un altro popolo e lo riferissero, nell’ottavo secolo, ai ciprioti che neppure parlavano il dialetto ionico. Quel popolo, a sua volta, doveva vedere in Javan un termine generico per indicare i greci in genere e, d’altra parte, si doveva trovare con Cipro in rapporti diretti ed intensi, da finire col considerare Cipro la terra greca, l’isola degli Javan per eccellenza.
- Il popolo che mediò agli Assiri l’equazione Javan = greci in genere, e pertanto Javan = ciprioti, deve essere stato piuttosto un popolo di Siria o, se mai, della Cilicia: perché dalla Siria e dalla Cilicia si è facilmente indotti a vedere negli abitanti di Cipro gli Javan per eccellenza.
- Quindi il cammino del termine Javan risulta ormai chiaro: sorto presso popolazioni micrasiatiche che erano più a diretto contatto con gli Ioni, il nome si è diffuso per tutta l’Asia Minore e poi, di là, verso l’area di Tarso e Zengirli e Karkemish, infine verso la Siria tutta e l’Assiria. Gli assiri localizzarono poi gli Javan per eccellenza a Cipro, con cui erano in intensi rapporti; i fenici, più esperti conoscitori del mondo mediterraneo, li localizzarono naturalmente nei paesi greci con cui erano in più vivo contatto.
- La Bibbia riproduce le conoscenze attinte dai fenici nella “Tavola dei popoli” del libro del Genesi, collocabili nel settimo secolo.
- Nella tavola dei popoli sono indicati i Cimmerii, i Medi, i Greci, i Tibareni, i Frigi, gli Etruschi (Tirreni); siamo in un’epoca in cui il mondo iranico (Cimmerii, con quel nome gli orientali indicavano gli Sciti, e Medi) fa sentire la sua pressione, la sua importanza.
- Inoltre in Ezechiele compare Tarshish, terra di commercianti di Tiro, da cui viene argento, ferro, stagno e piombo; essa è sicuramente Tartesso, situata alla foce del Guadalquivir in Andalusia.
- Così dunque i Fenici, all’epoca della tavola dei popoli potevano dire (e gli Ebrei ripetere) che Tarshish era greca.
- Ezechiele cita anche Elîsha, che significa ametista e porpora, ed è certamente Cartagine intesa come area libica in genere. I Fenici han visto che, nel settimo secolo, i Greci li soppiantarono a Tartesso ed han detto che l’area tertessica era tra i figli di Javan; così han visto la colonizzazione greca che li stava soppiantando in Libia, e han posto la regione libica tra i figli di Javan.
- Inquadriamo la tavola biblica storicamente. Siamo nella seconda metà del settimo secolo. Tiro soggiace ai colpi inferti dall’impero assiro. La sua potenza si spegne. Basta leggere il trattato stipulato da Asarhaddon col re di Tiro per intendere la gravità della nuova situazione. Intanto i Greci si spingono verso occidente. Sostituiscono i Fenici dappertutto: a Tartesso come in Africa. I figli di Javan non sanno della pressione degli Assiri: li conoscono appena! Più liberi dei Fenici, sembrano avere dinnanzi a sé l’avvenire coloniale. Quando fu scritta la tavola, non poteva prevedersi ancora che il mondo coloniale fenicio sarebbe risorto in forma nuova e con più regolare organizzazione proprio ad opera di Cartagine; non si poteva prevedere la battaglia di Alalia e la controffensiva cartaginese in Sicilia e gli accordi di Romani (Etruschi) e Cartaginesi, e insomma la riconquista cartaginese della Spagna e della zona occidentale della Sicilia. La tavola è redatta circa un secolo prima che la controffensiva cartaginese avesse eliminato la minaccia degli Javan, ed anche nei riguardi di Cirene; avesse definito le zone di confine. La tavola è redatta in un momento di abbattimento e di sconforto: i Fenici si sentono soppiantati dagli Javan; e gli Ebrei, alleati dei Fenici nella lotta anti-assira e con essi partecipi di un’affine cultura, riflettono quell’abbattimento e quello sconforto. La tavola ci rivela, quindi, il modo in cui il mondo fenicio-ebraico ha visto, nel settimo secolo, gli Javan. Essi, nella forma mentis del compilatore della tavola, come i figli di Sem sono tutti i semiti, i figli di Japhet tutti i popoli giaffettici, e via dicendo, così i figli di Javan sono tutti i popoli greci, e vengono descritti indicandoli coi nomi dei popoli con cui erano a diretto contatto.
- Nel 711 era avvenuta la rivolta di Ashdod; la fine di Samaria, la fine di Hamath, il nuovo consolidamento che lo stato Assiro aveva avuto con Sargon, ormai re da undici anni, non erano bastati a consigliare prudenza alla piccola città filistea (prudenza, invece, avevano consigliato a Ezechia attraverso i saggi ammonimenti di Isaia); Ashdod si ribellava, confortata e spinta dalle suggestioni babilonesi ed egiziane; eliminava il regolo imposto da Sargon, Achimiti, ed elevava al trono un mercenario cipriota.
- Quindi, riassumendo, tra Assiri e Greci non ci sono rapporti che non passino per Cipro (ed anche per la Cilicia), e non si identifichino con i rapporti fra Assiri da una parte e Cipro (ed anche la grecità barbarizzata della Cilicia) dall’altra. Grecia propria e grecità micrasiatica sono rimasti, in fondo, ignoti come entità politiche al mondo assiro soprattutto fino a Sennacherib (figlio di Sargon II) e anche dopo Sennacherib, appena un’intuizione indiretta della grecità micrasiatica è pervenuta ad essi.
- Nel 681 Sennacherib fu ucciso da una congiura familiare causa la sua preferenza per il prediletto Asarhaddon. Comunque Asarhaddon vinse e successe al padre. Anche in questo conflitto sembrano tornare di scena Cilicia e Cipro.
- L’impero di Asarhaddon appare, già ai suoi inizi, più vicino e amico ai Greci di Cipro. Nel 671, domata la rivolta del re di Tiro, riassumerà la sua potenza affermando che ai suoi piedi giacciono tutti i re che stanno nel “mezzo del mare”. I definitiva agli Assiri, col crescere della loro potenza, si allargò la visuale sul mondo greco.
- Asarhaddon aveva sì intuito di questo mondo greco qualcosa di più dei suoi predecessori, ma esso non si rivelava a lui né spiritualmente, né nelle sue particolari determinazioni. Allora, in Asia Minore, erano avvenuti fatti nuovi di grande importanza: tutti derivati da una grande migrazione di popoli, stavolta provenienti dall’oriente trans-caucasico.
- Erano questi i Cimmerii, un popolo iranico sospinto da un altro popolo iranico, gli Sciti. Quell’invasione sconvolse e sospinse a sua volta tutto l’iranismo che sempre più premeva alle porte dei paesi orientali di antica cultura.
- Il risultato più immediato e visibile dell’invasione cimmeriafu il loro stanziamento in alcune regioni dell’Armenia settentrionale e la conseguente crisi dello stato dell’Urartu; e poi, il loro avanzare, verso occidente fino alla distruzione dello stato frigio del re Mida.
- Era stato questo, nel secolo ottavo, un possente stato dell’Asia Minore, il più notevole al di qua dello Halys, ed uno stato che aveva avuto intensi rapporti coi Greci. Ora ai primi decenni del settimo secolo, quello stato finiva di esistere sotto i colpi degli iranici Cimmerii.
- Questi precursori dei Persiani, distruggendo lo stato frigio, indirettamente diedero impulso ad un’altra stirpe micrasiatica, che stava in mezzo tra Frigi e Greci e che ora, dalla crisi frigia, parve come sorta a nuova vita e potenza: la stirpe dei Lidii.
- Ma anche su questi Lidii si appuntava, minaccioso, il pericolo dei Cimmerii condotti da Dugdamme; ed appoggio poteva dare solo l’Assiria. Fu così che sotto Assurbanipal, successore di Asarhaddon, il mondo lidio si rivelò per la prima volta. Il nuovo grande re lidio, Gige, mandò ad Assurbanipal la sua legazione e destò in lui meraviglia inaspettata, poiché non conosceva né la lingua né la provenienza di questa gente.
- I Cimmerii, se pur indirettamente e come per caso, furono dei Persiani ante litteram. Essi, e per la vastità dei piani con cui avevano concepito la conquista, e per i sistemi con cui organizzarono la loro impresa, finirono con lo sconvolgere un po’ tutta l’Asia e, perciò, indirettamente determinarono un maggior avvicinamento tra gli stati micrasiatici e il resto dell’Oriente anteriore.
- Gige e Assurbanipal si allearono per affrontare i Cimmerii, ma quest’alleanza risultò inefficace anche per la defezione di Gige, il quale aiutò i ribelli di Egitto contro il re assiro; Gige fu vinto e ucciso dai Cimmerii e intorno al 650 lo stato lidio era una provincia dello stato cimmerio (ma sarebbe risorta ad opera del figlio di Gige, Ardys, e dei suoi successori).
- Alleatosi col re di Tabal, il cimmerio Dugdamme era sembrato, in un primo momento, deciso ad un radicale attacco contro l’Assiria, poi, per varie ragioni, rinunciò a quell’attacco e stipulò la pace con gli Assiri e si volse, piuttosto, a riorganizzare il territorio micrasiatico e anche ionico conquistato; infine, rotti gli accordi, tornò all’attacco contro gli Assiri, ma, al confine cilicio, la lue lo colpì, e la sua costruzione rovinò con lui, lo stato dei Cimmerii si restrinse alla Cappadocia.
- Ma non così finì il movimento di espansione iranica nell’Oriente anteriore; altre stirpi iraniche, per altre vie, lo continuarono; furono gli Sciti e infine i Medi e i Persiani. Nel corso di centocinquanta anni, attraverso i successivi tentativi di Cimmerii e Sciti e Medi e Persiani, l’Oriente anteriore fu tutto travagliato da un disordinato movimento di espansione iranica ed infine unificato da una stirpe iranica che da più lungo tempo stava in oriente ed era più vicina alle tradizioni delle antichissime culture orientali: la persiana.
- Cos’era dunque avvenuto? Come si era deciso Gige a tradire la sua sottomissione ad Assurbanipal ed inviare le sue truppe al re dell’Egitto ribelle, Psammatico I? Certo, orgoglio orientale avrà contribuito a determinare la decisione di Gige: erade dei Frigi nel predominio dell’Asia Minore, anche la Lidia avrà sentito il bisogno di riaffermare la propria indipendenza e potenza, così come aveva fatto la Frigia (si ripensi alle lotte di Mida contro Sargon).
- Nella costruzione di un grande stato lidio, predominante in Asia Minore, Gige era venuto in contatto con il mondo ionico: con questo mondo individualista, composto da mercanti e mercemari che nell’avventura vedevano la loro vitalità affermarsi e come dimenticarsi e sopirsi l’amaro travaglio della vita quotidiana e delle lotte fra eterie.
- Così, dall’incontro fra l’orgoglio orientale di Gige e la brama di avventura degli Ioni, venne l’intervento di Gige in Egitto. I mercenari che Gige inviò erano soprattutto Jauna: Ioni, nel qual nome sono altresì compresi numerosi micrasiatici in genere, Cari e Lelegi. Non erano lidii propriamente detti ma tuttavia Assurbanipal li considerava come le truppe di Gige; erano in realtà mercenari greci, che l’ellenico spirito di avventura spingeva ora verso l’Egitto, in accordo con la politica del sovrano lidio ed, in certo qual modo, determinandola.
- È interessante trovare qui in Egitto, già ai primi del sesto secolo, Ioni da una parte, Ebrei dall’altra, accomunati dall’avventura della milizia; rampolli dei due massimi popoli della storia mondiale della cultura. Vengono i Greci, cui hanno piegato e quasi costretto la stessa politica di Gige. Vengono gli Ebrei alcuni decenni più tardi, come spinti dal tragico destino dell’esilio; sono, con ogni probabilità, samaritani provati dal triste destino della loro patria (così si spiega a un tempo il loro linguaggio aramaico e la commistione di Anath-bethel e Ashim-betel a Javè); e portano nel cuore l’orientale intransigenza religiosa e l’orgoglio della loro fede. Tutta la loro storia si riassume in quella del presidio militare ebraico di Elefantina in conflitto con gli indigeni egizi, fra la loro intransigenza religiosa e l’incomprensione degli altri.
- Fra Greci ed Egiziani c’è un grave contrasto fra le truppe mercenarie greche e quelle libico-egizie (esso appare evidente dalla sottrazione di terre ai sacerdoti egiziani a favore dei mercenari greci, tale contrasto si evidenzierà ancora di più alla fine del regno di Hophra); ma comunque non c’è traccia di vero e proprio fanatismo religioso da parte dei Greci, ma piuttosto da parte degli Egiziani. Ai Greci è cara la patria di origine, perché in essa sono cittadini, in essa è l’agorà, la bulé e i vivi ricordi della cultura greca; e pur molti dovevano essere, fra essi, gli esuli che le stáseis interne spingevano lontano dalla patria. Ma agli Ebrei la patria è qualcosa di più: Gerusalemme e Samaria sono l’immagine stessa della perennità del loro culto e della loro stessa vitalità.
- Degli uni è portavoce Erodoto, con la sua interpretatio Graeca degli dèi egizi; agli altri si volge la voce del profeta: “vive il Signore Dio, in tutta la terra di Egitto!”.
- Nella metà del settimo secolo si aprì ai Jauna mercenari l’Egitto; e si aprì anche ai commercianti e in genere ai coloni greci la possibilità di stanziare fattorie e colonie in quella terra. Sorsero Milesion teichos, Naucrati; e qui già, accanto ai Milesii e Samii c’erano Egineti; e vasi attici venivano trasportati dagli Ioni in Egitto; e al futuro successore di Periandro si dava nome Psammetico, certo in onore a Psammetico II (590).
- I soldati Ioni avevano dunque scoperto l’Egitto, cui già da tempo i Greci dovevano guardare come terra lontana dalle molte risorse; e ad essi erano seguite le fattorie commerciali e questa scoperta aveva avuto un riflesso in madrepatria.
- Finché fu potente l’Assiria, ci fu come un impedimento all’attivarsi di commerci fra Egitto e Ioni; la flotta fenicia, sotto il controllo degli Assiri, dominava quel tratto di mare; basta pensare alle gravissime imposizioni di Asarhaddon al re di Tiro. Inoltre bisognava difendersi dal pericolo cimmerio: i Cimmerii avevano costituito uno stato che occupava ormai pressoché tutta l’Asia Minore; per qualche tempo essi anche avevano stretto rapporti con Assurbanipal; e le città ioniche si trovavano più o meno indifese dinnanzi a quel pericolo (alcune furono costrette ad atti di vassallaggio più o meno manifesto). Ancora: l’Egitto saitico, fattosi indipendente dall’Assiria, doveva ancora ricostruire la sua fisionomia nazionale di grande potenza.
- Quando, nel 626, morì Assurbanipal, già allora lo stato assiro cominciava a vacillare: gli Sciti avevano invaso l’Oriente; nel 612 Ninive cadeva. Allora si risollevò definitivamente la vecchia Lidia, che già con Ardys il figlio di Gige, aveva ricominciato a ricostruirsi, che con Sadyattes e Alyattes avrebbe ripreso potenza; allora gli Ioni poterono, come commercianti, seguire la via egizia dei mercenari, e indicarla agli altri Greci del continente.
- Così, intorno al 620, si rivelò definitivamente l’Egitto ai commercianti, come prima, intorno al 660, ai mercenari ioni; e intanto, allo stesso modo, dalla Ionia e dalla madre patria, la grecità si era spinta a Tartesso e alla “Libia”. Ed anche all’Arabia.
- Per gli Assiri, in un primo tempo, gli Javan per eccellenza erano stati i ciprioti; intanto, sempre più viva e notevole si fece la grecità nella provincia assira di Cilicia; poi, con Assurbanipal, la Lidia e l’Asia Minore occidentale si rivelarono, e attraverso esse, potè in qualche modo intravvedersi il mondo ionico; infine, la crisi dello stato assiro – crisi soprattutto conseguente all’invasione scitica, iniziatasi all’incirca nel 632 – finì col determinare una maggiore intensità di contatti fra Ionia ed Oriente; Ionia, in particolare, ed Egitto. In realtà, quella crisi finì con l’aprire, se pur entro certi limiti, anche l’Arabia agli Javan. Solo che quella terra lontana, focolare e crogiolo antichissimo delle stirpi semitiche, assimilava e barbarizzava gli avventurosi, che pur vi costituirono qualche fattoria notevole; e pertanto i Greci finirono presto col dimenticare quella fattoria (o fattorie), e comunque, nessuna notizia precisa ce ne tramandarono nei testi a noi pervenuti. Ogni regione reagisce alla grecità a suo modo: la soffoca o la isola o addirittura, invece, se ne fa suddita o amica. L’Arabia naturalmente l’ha soffocata.
- Alla fine, quindi, del settimo secolo era caduto l’impero assiro; ai Greci si erano aperte la Libia e in certo qual modo l’Asia superiore, e l’Arabia. Si continuò così il processo che già era chiaro ai tempi di Assurbanipal e dell’invasione cimmeria; non più solo vecchi rapporti più o meno indiretti o mediati, ma lo stesso mondo micrasiatico, dietro il quale erano i Greci d’Asia, finì con l’entrare più decisamente nel vivo delle esperienze di vita di tutta l’Asia anteriore; e l’orizzonte politico a cui guardava già Nabukadnezar II è infinitamente più ampio di quello a cui avevano guardato un Sargon o un Sennacherib.
- Nel 590 circa i Medi attaccano la Lidia; lo stato lidio resiste per cinque anni; l’arbitrato di Nebukadnezar II di Babilonia e del synnesis di Cilicia conclude il conflitto. In questo sistema di equilibrio si riassume, all’incirca, la storia dell’Oriente anteriore nei decenni che seguirono la caduta di Ninive.
- Nella guerra tra Nebukadnezar e l’Egitto, nel 568/7, Cirene fu la principale alleata (e vassalla) di Amasi.
- Da ricordare che Cipro è sempre stata, per Assiri e Babilonesi, il “paese in mezzo al mare”. Se questa interpretazione è veritiera, sono i paesi di Javan che, rientrando nell’orbita egiziana, direttamente si inseriscono nel sistema degli stati orientali intorno al 568/7: Cirene e Cipro; la nuova colonia terea del settimo secolo e l’antichissima colonia arcadica.
- Dall’altra parte neo-babilonese, gli Javan più vicini a Nebukadnezar sono i greci barbarizzati della Cilicia, che li ritroviamo come artisti al servizio della corte regale. Cirene, Cipro e Cilicia sono, ancora una volta, le regioni greche più da vicino comprese nell’orbita orientale non micrasiatica.
- Questa prima metà del sesto secolo fu l’ultima, ma anche la grande epoca dello ionismo micrasiatico. Fu l’epoca d’oro dei Focei: di questi intraprendenti Ioni, ultimi arrivati, e fattisi primi nella colonizzazione dell’estremo occidente.
- Fu l’epoca in cui i Greci, Milesii e Sami innanzi tutto, definirono la loro posizione e confermarono il loro stabilimento in Egitto, sia pur concentrandosi a Nucrati. Fu l’epoca della grande fioritura di Cirene. Il sud del Mediterraneo orientale, l’occidente dalla Corsica alla Spagna furono allora più che mai animati da questi Javan, di cui gli Ioni veri e propri possono sempre considerarsi (nonostante Cirene terea) i più intraprendenti e attivi.
- Se da decimo al settimo secolo si era svolta (attraverso interruzioni e contrasti e bruschi ritorni degli uomini della steppa) la colonizzazione del Ponto, ora il Mediterraneo del sud e dell’ovest, che il settimo secolo aveva svelato, si apriva sempre più a questi Greci.
- L’Italia era nel centro del grande mare, scoperta dai Greci del continente, e che i Greci dell’Asia – anche qui soprattutto i Milesii – arricchivano la loro vecchia e nuova esperienza di commercio e di cultura: le navi milesie portavano in Etruria i vasi attici, passando per Sibari.
- Tuttavia, la seconda metà del sesto secolo vide il fenomeno più grave e notevole della storia greca, il graduale svigorirsi dell’iniziativa ionica; la fine dell’arcaismo greco coincise con il passaggio dell’iniziativa dalla grecità micrasiatica alla grecità continentale. Il 540 può, ancora una volta considerarsi l’inizio di una nuova epoca. Era venuto meno il sistema di equilibrio in Asia Minore: alla bilancia dei vari stati anteroasiatici si sostituiva ora l’impero persiano.
- E d’altra parte un processo analogo (pur nelle notevoli diversità) si compiva nell’occidente estremo; quel processo per cui tanta parte delle conquiste greche andava perduta: la formazione e il progressivo consolidamento dell’impero cartaginese.
- D’ora in poi, per una interessante coincidenza, l’attacco persiano dall’oriente procederà parallelo all’attacco cartaginese dall’occidente: e la grecità avrà rifugio e difesa nell’Ellade, nella Grande Ellade e in Sicilia; e Salamina sarà pressoché contemporanea a Imera.
- L’equilibrio degli stati asiatici si era determinato e consolidato soprattutto attraverso il nuovo consolidarsi dello stato lidio sotto Alyattes. Questo stato lidio su cui, a quanto sembra, Nebukadnezar aveva stabilito una specie di protettorato, era stato assalito attorno al 590 dal re dei Medi Ciassare; questa guerra del 590-585 aveva rivelato una cosa assai importante: che la minaccia dei Medi contro la Lidia era una minaccia a tutto il sistema degli stati d’Asia anteriore. Ben presto, dallo stato dei Medi la successione passò al giovane stato persiano; Ciro riprese la politica di Ciassare ed attaccò la Lidia. Così, intorno al 541/540, si compiva la sottomissione dei Lidii e poi degli Ioni. Allora lo stato di Babilonia rimase allo scoperto e nel 538 cadeva.
- Peraltro questo mondo dei Yaunā si rivelava ai Persiani a poco a poco. Gli Assiri e i Babilonesi (e in certo qual modo gli altri popoli non microasiatici dell’Oriente anteriore) partirono da Cipro (o dal mondo coloniale greco) per scoprire la grecità per eccellenza, la micrasiatica e la continentale; viceversa, i Persiani partirono dalla grecità micrasiatica per arrivare a Cipro e alla grecità continentale.
- In conclusione il rapporto greco-lidio conclude e riassume in sé la koiné culturale micrasiatica ed è un riferimento per la sua interpretazione.
- La tradizione lidia conosce, dopo la dinastia piuttosto mitica di Atyadi, due dinastie che si riferiscono a un periodo storico più vicino: la dinastia degli Eraclidi, che farebbe capo a un re Agron discendente da Eracle, e la dinastia dei Mermnadi, che con Gige, avrebbero spodestato gli eraclidi.
- Man mano che la Lidia si avvicinava al mondo ionico anche i culti greci vi penetravano: si saranno tentati, in forma più o meno chiara, dei confronti sincretistici fra le tradizioni greche su Eracle e quelle del culto lidio di Baki (Bakkos) identificato col dio greco Dioniso. Già ai tempi di Gige questo culto di Eracle era penetrato largamente in Lidia; già Gige stringeva rapporti con Delfi e così, a poco a poco, si formò, garantita da Delfi, la tradizione che pure i Mermnadi, questa possente dinastia lidia, erano discendenti di Eracle.
- Poi, intorno al 540, l’ultimo re mermnade, Creso – un grande amico dell’Apollo delfico – fu vinto da Ciro; lo stato dei Mermnadi scomparve; l’autorità dei sacerdoti delfici, che aveva garantito la discendenza da Eracle, fu scossa dal nuovo evento. Ma i sacerdoti delfici non si turbarono, il dio non poteva errare, non doveva. Si fabbricò così una nuova tradizione, una tradizione delfica. Il favore che l’oracolo aveva accordato ai Mermnadi era innegabile; ma era un favore condizionato. I veri Eraclidi non erano i Mermnadi, tutt’altro, essi si disse avevano detronizzato gli Eraclidi legittimi e l’oracolo di Delfi aveva condizionato in un certo modo il suo favore, predicendo la loro caduta. Si fabbricò un oracolo delfico in cui si giustificava l’accaduto.
- La costruzione delfica si impose. Nessuno dubitava della veridicità dell’oracolo, nessuno dubitava della tradizione delfica. Così, per un singolare ma significativo caso, Gige fu detto eversore di una dinastia avversa alla sua; i re che l’avvevano preceduto e di cui si sapeva più o meno chiaramente il nome, furono detti eraclidi; ed il nome a cui erano orgogliosamente attaccati i re mermnadi passò ad una mai esistita dinastia che Gige avrebbe abbattuto.
- Nella combinazione delfica giocò molto la circostanza che la personalità di Gige era la prima notevole di re lidio. Poiché Gige era stato il primo a far sentire la sua personalità in Asia Minore e nel mondo greco ed il primo a stringere rapporti con Delfi (prima di lui Delfi era vicina ai re Frigi) così fu facile inventare e diffondere la storiella degli Eraclidi detronizzati da Gige.
- La serie dei re mermnadi è nota: Erodoto e Xantho ce ne tramandano i nomi. In entrambe le liste , a cominciare da Gige, troviamo una serie di cinque nomi: Gige, Ardys, Sadyattes, Alyattes, Creso.
- Si può ora riprendere quel grave problema che primo ed ultimo si pone allo studioso del mondo degli Yaunā: il problema della loro coscienza nazionale in terra orientale.
- Questo mondo ionico aveva elaborato i poemi omerici in cui, da una parte Troia appariva quasi una città greca e dall’altra si finiva col guardare l’impresa troiana come ad un’impresa pan-ellenica; questo mondo aveva sposato Prometeo ad Asia e pur guardava con insistenza alla madrepatria greca. Esso dunque non conosceva orgoglio nazionale, ma aveva una sensibilità pan-ellenica.
- Poi trovammo questi Ioni in terra d’Egitto: e lì pur ci apparivano ancora privi di orgoglio nazionale – ma tuttavia l’ostilità degli Egiziani e quella xenofoba propria del fanatismo religioso orientale avevano loro sollecitato la sensibilità nazionale. In Egitto dunque gli Ioni residenti hanno raggiunto il massimo della sensibilità nazionale, non già per loro vocazione ma perché spinti dal fanatismo degli Egiziani.
- Da uno strano feudo come questo lidio i Greci nulla avevano da apprendere dal punto di vista costituzionale. Anzi, al contrario, occupando le poleis greche o combattendo per imporvi la loro egemonia, i Lidii seguono una politica occasionale, senza preoccuparsi di favorire regimi tirannici, ma appoggiandosi a eterie aristocratiche e a classi sociali a essi amiche; e quanto al concetto e al nome di tyrannos, questo è un concetto e nome popolare greco in cui prima si indica il signore senz’altro, poi (già nei primi del sesto secolo e con tono di disprezzo), colui che, tra i conflitti delle eterie e le agitazioni sociali, fonda la sua autorità sulla forza.
- Tirannide non è, in un primo momento un concetto costituzionale preciso; lo sarà solo in seguito quando la polis, superate le convulsioni iniziali, avrà elaborato il concetto di isonomia e poi di democrazia; allora si potrà dire, per es. che Delfi già intorno al 510 avversa le tirannidi o che l’Atene del quinto secolo simpatizza per le forme di governo democratico, e cerca di instaurarle nel suo impero; ma non avrebbe senso dire che la Lidia simpatizza, intorno al 600, per la tirannide; perché la tirannide allora non è un concetto costituzionale preciso, ma piuttosto un termine popolare che si avvia a diventare giudizio di valore; per cui è inesatto dire che Gige sia il primo tyrannos.
- Sulle forme in cui si configurarono precisamente i rapporti fra lo stato lidio e le poleis ioniche sottomesse, si può dire che esse avranno stipulato delle symmachíai del tipo avere gli stessi nemici ed amici; per lo più si sarà aggiunto il pagamento di un phoros, o comunque il controllo di alcune entrate principali e delle vie fluviali soprattutto.
- Si può supporre che i Lidii avranno trattato le città ioniche, dal punto di vista commerciale, con maggiore intelligenza di quella con cui gli Assiri trattavano le fenicie; e la prova è anche in ciò che gli Assiri finirono col soffocarel’intraprendenza fenicia, ma i Lidii non soffocarono quella ionica.
- Quando poi al dominio lidio si sostituì quello persiano, i Persiani non concessero agli Ioni il rinnovo delle symmachíai precedentemente giurate con Creso: anche questo particolare mostra che le symmachíai fra le poleis ioniche e la Lidia erano abbastanza eque e che alquanto più inique furono quelle coi persiani di Ciro.
- Di fronte alla polis come organismo costituzionale si è fermato l’influsso della Lidia. Dal punto di vista costituzionale, nulla i vassalli potevano insegnare ai cittadini; nulla i Lidii potevano dire agli Ioni. Né la crisi che viene indicata generalmente come fenomeno tirannico, né tanto meno un qualche impulso verso ordinamenti democratici. La polis è un organismo ellenico ed ellenico soltanto: tutta la sua storia, tutta la sua evoluzione si commisura solamente con la storia culturale e sociale dei Greci.
- L’importanza e il significato storico dei rapporti fra Oriente e Grecia si misurano sul piano dell’evoluzione costituzionale; su questo piano si intendono altresì somiglianze e differenze tra la cultura cittadina greca e l’orientale. La storia sociale dei Greci non s’intende se si prescinde da un tale punto di vista.
- Che significato hanno i rapporti fra il mondo greco e Oriente nella storia sociale dei Greci? È questo l’eterno problema del carattere e del contenuto dell’economia greca in epoca arcaica. Si dibatte sull’aspetto essenzialmente terriero di quella economia da “Rentiers”, da altri sull’importanza degli scambi commerciali e delle “vie marittime” e della produzione industriale.
- C’è un adeguato metro di interpretazione tipologica dell’economia greca arcaica che si basa da una parte su un punto di partenza – lo stato cittadino greco dell’epoca più antica (diciamo nono o ottavo secolo), sotto l’aspetto di “principato cittadino” alla maniera di quelli fenici o filistei o hittito-geroglifici -, e dall’altra parte su un punto di arrivo – la tendenza a limitare la abrosíne dei nobili nell’epoca dei legislatori e dei tiranni.
- Ora come si era formata questa gioia della abrosíne, questa ambizione di superare gli altri in fasto di acconciature, in lusso di ricchezza? Ripensiamo al punto di partenza, ai principati cittadini del nono e ottavo secolo.
- Nel Mediterraneo orientale la grave crisi determinata dalla migrazione dei popoli si era assopita. L’isolamento dei vari stati marinari si andava limitando sempre di più. Il grande lievito del rinnovamento era nella espansione delle città marinare fenicie: nei secoli nono ed ottavo l’arte siriaca-fenicia ha conquistato Creta e, attraverso Creta, alcune zone della Grecia continentale. L’eco della conquista fu grande, i primi del settimo secolo sono caratterizzati dalla diffusione dell’arte occidentalizzante in tutto il mondo greco; anche se, intanto, il commercio fra Grecia e Fenicia e anche più tra Grecia industrialmente emancipata e Fenicia, s’interrompeva e si dimenticava.
- L’eco della conquista è ancora vivo nei poemi omerici: son da Sidone gli oggetti più preziosi che i poemi omerici conoscano – i crateri più ornati, i pepli più adorni; si sente che in Asia Minore (regione con cui il commercio fenicio fu meno intenso che con la Grecia) ancor maggiore era la fama di quei prodotti di cui la abrosíne aristocratica andava orgogliosa. E certo anche altri popoli fornivano ai basileîs ionici i prodotti cercati con ansia di abrosíne; Lidii e Carii soprattutto.
- In altri termini: il commercio col mondo orientale nei secoli nono e ottavo fu un incitamento alla abrosíne nobiliare, fu pure un effetto di questa; commerciando in Ionia coi vicini micrasiatici e fenici (meno), a Rodi e nelle Cicladi e nel continente e a Creta soprattutto coi Fenici, le aristocrazie greche affinarono le loro esigenze e un ideale estetico penetrò nella loro vita; e intanto l’arte geometrica matura già di per sé tendeva a incoraggiare quelle esigenze e a soddisfarle. Quei Rentiers divennero commercianti, davano olio e vino, ricevevano oggetti adorni dall’estero, ne acquistavano all’interno.
- Ma il progresso del gusto artistico non ebbe solo quella conseguenza. Se nell’ideale della vita aristocratica esso introdusse la gioia della abrosíne, dall’altra parte introdusse anche l’ansia di una vita cittadina fiorente, di una città adorna e splendida come i suoi basileîs.
- Anche qui il modello delle città-stati orientali poté essere presente nei centri di diffusione artistica: delle città orientali i templi erano ornati e superbi… Dal nono secolo in poi, il tempio cominciò a diffondersi per la Grecia. Ma il tempio significava la comunità culturale di tutti i cittadini di pieno diritto: in questo senso, esso era qualcosa di profondamente diverso dai templi orientali.
- Così due motivi diversi, anzi opposti furono il portato del nuovo gusto formatosi dai primi commerci e dall’evoluzione artistica. Da una parte la gioia individuale di una raffinata abrosíne, dall’altra l’ansia di una vita collettiva da celebrarsi nella religiosa composta bellezza della polis. Entrambi due motivi, due ideali aristocratici. Entrambi spiegano le differenze tra l’evoluzione costituzionale della polis e quella delle città-stati d’Oriente. Entrambi infine spiegano la crisi del settimo secolo che condusse, negli ultimi decenni di esso, allo stato tirannico; insomma: per un processo che aveva abbracciato i due secoli, il grande proprietario era divenuto anche grande impresario di commercio; ma per ciò stesso la grande proprietà tendeva a distruggere la piccola. La fine del piccolo contadino, schiacciato dai cittadini più abbienti, era la schiavitù dei debiti.
- Anche l’Oriente aveva visto fenomeni analoghi, sia nel mondo fenicio che in quello ebraico. Anche qui esisteva la riduzione dell’uomo libero in servitù per ragioni economiche e la condizione dei liberi di classe inferiore era grave. Ma c’erano delle differenze con i Greci: i liberi meno abbienti, più o meno fatalmente costretti – e talora pronti e desiderosi – ad entrare in schiavitù di un nobile, non si potevano sollevare in Oriente: qui la dinamica dello stato aristocratico era del tutto diversa che in Grecia.
- La diversità era in questo: che l’aristocrazia orientale conosceva, come la greca, l’ideale della abrosíne, ma non l’alto ideale di una vita collettiva da vivere in funzione della polis. Questo secondo ideale è veramente la ragione prima della crisi tirannica.
- Perché proprio da un tale anelito ad una vita collettiva sorge la crisi dello stato aristocratico. I liberi di condizione inferiore sentono l’oppressione, ma la loro voce non resta isolata nel mondo della polis. Le aristocrazie medesime sentono il disagio ed elaborano un nuovo mondo di valori etici e politici a un tempo: un mondo in cui anche le classi inferiori dei liberi siano garantite nella politeia.
- Quando si dice che la crisi dello stato aristocratico si è elaborata in seno all’etica aristocratica stessa, si vuol insistere soprattutto su questo aspetto della crisi che alla fine del settimo secolo era già matura. Crisi ideale dell’etica aristocratica che elabora il concetto di isonomía, crisi concretamente politica che configura la lotta civile come lotta fra eterie aristocratiche in cui il popolo variamente si schiera; cosicché, da una parte, isonomía è concetto aristocratico a un tempo e democratico; dall’altra, uomini della nobiltà sono a capo di consorterie tra cui si svolge, in modo vario, la lotta per l’ordinamento legislativo e per la “signoria” o tirannide e, infine, per la isonomía.
- Come è sorto in Ionia l’ideale della isonomía? La tirannide, in quanto crisi delle aristocrazie, sorge nella Ionia per propagarsi nel continente, o si muove nel senso opposto? Qual’è, nel quadro dei rapporti fra Oriente e Occidente, la storia della politeia greca?
- Solone medesimo scrisse: “ugualmente per il kakós e per l’agathós io scrissi le leggi”; dove non par discutibile che questo fatto vada inteso come “scrivere leggi uguali” per le varie classi dei cittadini. La sua opera legislativa rispondeva al bisogno che un nomos fosse stabilito, su cui tutti i liberi si fondassero, e questo era in nuce un certo consenso all’ideale isonomico. Se Solone avesse imposto con la violenza l’accettazione della sua legislazione, avrebbe dato modo ai suoi avversari di considerarlo tyrannos; ma in lui era pur chiara quest’esigenza etica che gli impedì di farsi tyrannos e di cui egli stesso con piena coscienza si vanta.
- Allora, dalla crisi dello stato aristocratico si sarà appresa la necessità di dar vita ad uno stato in cui tutti i liberi, anche i kakoí, abbiano comunità di nomos; e dalla fine dello stato tirannico si sarà appresa la necessità di combattere ogni tentativo violento di imporre quel nomos. Questo evidenzia quanto potessero essere vicine nomotesia e tirannide, solo che il nomoteta accentuasse il momento della violenza a scapito della pura opera di costruzione legislativa.
- La storia del concetto di isonomía è dunque attraversata da tutta la vicenda costituzionale della polis greca; si va dalla isonomía che già Solone crede di poter dare alla sua polis, dando uguali thesmoí (norme condivise) al kakós (male) e all’agathós (bene); alla isonomía come ideale aristocratico che suscita la rivolta di Armodio e Aristogitone; ed infine all’isonomía come ideale tendenzialmente democratico di Aristagora.
- L’attivarsi dei rapporti commerciali fenicio-greci nel nono e ottavo secolo soprattutto, l’arte orientalizzante del settimo, nuova ricchezza e nuovo gusto d’arte e gioia di abrosíne; finché l’impoverimento ed asservimento dei liberi di condizione inferiore (kakói) portò, sullo scorcio del settimo secolo, la crisi delle aristocrazie e l’esigenza isonomica, di provenienza non certo ionica.
- Efeso e Mileto sono le città ioniche sulla cui storia ci sono pervenute notizie più numerose, ma frammentarie. Comunque anche quel poco che delle altre sappiamo conferma l’immagine che ci è stata fatta della storia costituzionale ionica. Anche per le altre, nulla ci autorizza a parlare di una tirannide ionica precedente alle tirannidi della madrepatria e come modello di queste. Anche per le altre, il sopravvenire del dominio persiano ha fermato e cristallizzato l’evoluzione costituzionale, facendo della tirannide – che nella madrepatria fu un punto di partenza – qualcosa di stabile e di collegato con lo stesso controllo persiano.
- Dei tiranni ionici Policrate è in una condizione particolare (è questa condizione, in fondo, che ha impressionato Erodoto): egli ha conosciuto l’indipendenza; ma pur il vassallaggio ha dovuto, infine, conoscere. Egli è stato tyrannos di uno stato indipendente; ma poi anche tyrannos-hyparchos. Due altri tyrannoi chiudono questo periodo di storia della polis greca: Aristagora e Milziade. Sono gli ultimi tyrannoi del mondo greco arcaico: tyrannos di Mileto il primo, del Chersoneso tracio il secondo. Sono anche i primi esponenti della lotta greca contro l’Oriente persiano. Conseguentemente il primo di questi tyrannoi si è trasformato in un accanito nemico della tirannide; il secondo, già tyrannos del Chersoneso tracio, ritornato in Atene, dopo aver superato l’accusa di tirannide esercitata nel Chersoneso tracio, ha condotto la lotta della libera polis ateniese contro il re persiano. Vassallo di Dario, Aristagora si è ribellato a Dario; tyrannos di Mileto, ha dato alla sua e alla città sorella la isonomía politica. Tyrannos del Chersoneso, Milziade è anche il vincitore di Maratona. Sono entrambi, Aristagora e Milziade, a cavallo di due età.
- Dinnanzi alla elaborazione di un’originale esperienza costituzionale si è fermato l’influsso dell’Oriemte: presente agli inizi di questa esperienza, connesso con l’intensificarsi della vita commerciale ed economica, quell’influsso si ferma dinnanzi al peculiare travaglio per cui la polis passò dalle forme costituzionali aristocratiche all’isonomía ed infine agli ordinamenti democratici. L’evoluzione costituzionale dello stato lidio nulla potè insegnare all’evoluzione costituzionale delle poleis greche, anche delle ioniche; a maggior ragione, nulla potè insegnare ad esse l’evoluzione degli altri stati orientali, con cui ci potè essere solo un parallelismo e nulla più. Tuttavia un generico influsso culturale ci fu e fu presente nella storia della Grecia arcaica.
- Quindi, per l’epoca più antica – dal decimo all’ottavo secolo – escluso il mondo assiro-babilinese, limitati fortemente i rapporti col mondo aramaico (che per altro confluiscono in quelli micrasiatici o in quelli fenici), restano due aspetti del dialogo Oriente-Occidente: da una parte il rapporto fenicio-greco, dall’alta il rapporto micrasiatico-ionico.
- Già all’epoca della diciottesima dinastia i Fenici possedevano, sembra, una marina notevole ed attrezzata per gli scambi. La migrazione dei popoli segnò certo una grande crisi: gli uomini di Sidone fuggirono a Tiro, come pare dalla tradizione timaica. Poi tornò la vita, si ristabilì un ordine nel mondo siriaco; Tiro visse la sua grande vita ed accanto ad essa Sidone, Berito, Byblos e Arvad. Alle città fenicie si aprì una storia nuova: nei primi del secolo undicesimo finirono gli attacchi assiri, né d’altra parte la ventiduesima dinastia poté fermare – nonostante l’impresa di Sheshonk – l’ascesa delle città fenicie. Intorno al 950 appaiono le navi di Tarshish: dunque commercio lungo il Mediterraneo; scalo principale era, naturalmente, Utica. Che si seguisse solo la via del Mediterraneo meridionale, già a priori dovrebbe escludersi: perché mai gli arditi commercianti, che pur arrivavano a Tartesso, avrebbero dovuto rinunciare senz’altro alla via dell’Egeo?
- La via dell’Egeo passava per Creta, quest’isola protesa quasi come una porta del mar greco; superata la porta, si apriva il mondo delle isole. E già intorno allo stesso 950 i Fenici dovevano avere scali commerciali sino nella Grecia settentrionale.
- Un commercio fenicio col mondo greco settentrionale non può meravigliare: come dall’altro versante del continente greco, i Thesproti hanno svolto, in epoca arcaica, un attivo commercio di cui è l’eco nell’Odissea, così non meraviglia questo commercio antichissimo tra Tessali e Fenici. Ma s’intende che un tale commercio presuppone già aperta, più o meno, la via di Creta: e questa, in realtà, fu la chiave del commercio tra Greci e Fenici; i dati archeologici, la storia dell’alfabeto, l’Odissea parlano a questo riguardo un linguaggio ben chiaro. Qui ci si riferisce alla speciale posizione dell’arte cretese nella storia dell’orientalizzante greco; alla importanza di Creta nella formazione dell’alfabeto verde.
- Il posto centrale spetta alla storia dell’alfabeto greco. Perché alfabeto significa scambio commerciale notevole; significa necessità di intendere i segni in cui un altro popolo esprime la sua lingua. Alfabeto la cui datazione certa si pone verso la fine del nono secolo.
- All’incirca possiamo dire che, a prescindere da più antichi contatti nel decimo secolo che raggiungono con ogni probabilità la stessa Tessaglia, i secoli del commercio fenicio nell’Egeo sonomil nonome l’ottavo; e questi secoli ebbero importanza decisiva nella storia della cultura. Nel nono secolo, seconda metà, si compì la ricezione dell’alfabeto: punti di partenza Thera e Creta. Il secolo ottavo portò una maggior diffusione dei prodotti fenici in tutto l’Egeo: troviamo oggetti fenici a Creta e Atene, Delfi e Olimpia, a Rhenaia; e per quest’ultima isola, la presenza di oggetti fenici sarebbe forse illuminata dall’Odissea, se veramente alle vicine Delo e Syro alludesso il racconto di Eumeo sui Fenici commercianti con l’isola di Syria al di là di Ortigia. In questo stesso ottavo secolo (forse anche nel nono), andranno ugualmente posti i rapporti tra i Fenici da una parte, Lemno (forse anche Samotracia) dall’altra: rapporti che sono chiaramente ricordati nell’Iliade come scalo utilissimo ai rifornimenti dell’armata greca.
- Per latro i limiti di questo commercio sono anche notevoli. Innanzi tutto esso è più intenso con Creta e col continente greco e con le Cicladi, che non col mondo ionico dell’Asia Minore; questo non fu mai in troppo attivo commercio coi Fenici. Non già, s’intende, che contatti fra Ioni e Fenici mancassero del tutto: ma essi erano, per la maggior parte dei casi, mediati o per lo meno accompagnati in un primo momento dai Cari, in un secondo tempo dalle Cicladi e in genere dalla restante grecità.
- Un altro aspetto dei limiti del commercio fenicio nell’Egeo va ricercato nello stesso carattere di quel commercio. In verità, si può dire che il concetto greco di colonizzazione è inizialmente estraneo ai Fenici. Questi commercianti portano i loro gingilli nel mondo egeo; vi possono fondare scali; ma nulla più. Anzi: questi scali fenici, se in altre zone del Mediterraneo possono avere una grande importanza e diventare addirittura città come Utica e poi Cartagine, in questo mondo egeo, animato da soldati-marinai attivi e intraprendenti, avranno un’importanza minima e comunque puramente commerciale.
- Un altro aspetto dei limiti che il commercio fenicio presentava è da cercare nel carattere, per così dire, esclusivo di esso: non è probabile che il commercio, ad esempio fra Byblos e il mondo egeo, diffondesse prodotti greci per tutta la Syria; il commercio vicino ha superato di molto il commercio lontano, da questo punto di vista. E tuttavia: in ogni caso, questi commerci fenici nell’Egeo hanno avuto un’influenza decisiva sull’arte greca; anche se non hanno portato ad una continuità di interessi culturali fenici in qualche, sia pur limitata, zona di quel mare.
- Solo così possiamo spiegarci questo fenomeno in apparenza contraddittorio: da una parte una sicura presenza di una attività commerciale fenicia nell’Egeo già nel decimo secolo e soprattutto nel nono e nell’ottavo; dall’altra le gravi conseguenze dell’attenuarsi di questo commercio nel settimo secolo. Questa soluzione di continuità è un fenomeno decisivo.
- La prova di questa stasi fenicia nel settimo secolo è duplice: da una parte manca in Grecia la produzione fenicia più recente; dall’altra quando intorno al 630 i Fenici sono occupati dalla lotta per l’indipendenza ed i Greci si aprono la scoperta dell’Occidente, documentata nell’immaginario racconto di Odisseo in cui il greco cretese e il fenicio vanno verso la Libia.
- Perciò l’immagine che ci facciamo della colonizzazione greca in occidente acquista una fisionomia particolare, che da vicino si connette al rapporto tra Greci e Fenici. Questa colonizzazione ha seguito due vie: una che s’incammina dietro alle orme segnate dalla colonizzazione fenicia, un’altra che direttamente guardava all’Italia meridionale ed alla Sicilia.
- Le zone fenicie della Sicilia non avevano con Tiro alcun rapporto, ma soltanto con la Tunisia e soprattutto con Cartagine; e lo stesso diremmo delle zone fenicie della Sardegna, le quali già da 300 anni avevano aspetto fenicio al tempo di Ezechiele. Questa sub-colonizzazione ad opera dei Fenici d’Africa dovette sorgere in seguito al decadere di Tiro occupata dai conflitti cogli Assiri nel settimo secolo.
- Da una parte il mondo greco aveva assimilato esperienze culturali, soprattutto artistiche, fenicie attraverso Creta e le isole e il continente stesso; e quando, nel settimo secolo, i Fenici cominciarono a decadere, una grande isola greca, l’Eubea, tentò di raccoglierne, in Africa, l’eredità, e con essa e dopo di essa sciamarono verso l’Occidente, la Sicilia e l’Italia meridionale, i commercianti e i coloni greci.
- L’Asia Minore greca parte in ritardo. Come nel commercio con i Fenici era rimasta indietro rispetto a Creta e alle isole, così anche nella colonizzazione d’Occidente ritardò, e i Samii e specie i Focei, che furono i più arditi per questo lato, appaiono un’eccezione che comunque non risale al di là del 650a.C. Quanto a Rodi, la sua partecipazione alla colonizzazione occidentale è fortemente condizionata dalla sua vicinanza all’oriente ed è nel secolo ottavo un notevole centro di esportazione ed importazione dalla Syria.
- È ormai chiaro che il rapporto Oriente-Grecia ha seguito due vie: una, che potremmo chiamare la via dell’alfabeto; e un’altra, che chiameremo della koiné culturale micrasiatica. Sono due vie diverse.
- La via cretese guardava alla Fenicia: al di là di Creta, e i Fenici trovavano scali nelle isole e nel continente greco, e viceversa ai Greci delle isole e del continente a cui si rivelavano con i loro gingilli, si aprivano le vie della colonizzazione.
- Ma la via ionica portava altro: l’antica cultura orientale dell’epoca del bronzo aveva dei motivi che si conservarono pur dopo la migrazione dei popoli (sec.XII), e questo era un patrimonio culturale che non poteva perdersi; tradizioni mitiche e forme musicali ed esperienze militari si elaboravano in quest’Asia Minore dopo le migrazioni, ed anche questo patrimonio fu fondamentale alla vita greca. Un passo di Callimaco ci aiuta ad intenderne l’importanza: narrando una favola che per vari motivi si connette alla tradizione favolistica mesopotamica, il dotto poeta ellenistico la definiva racconto dei Lidii antichissimi, questo fa capire che quei motivi gli erano noti.
- Ora, questa indagine sul concetto di Asia presso i Greci e sul concetto di Javan presso gli Orientali, ci ha mostrato che il mondo mesopotamico fu ignoto ai Greci e agli Ioni fin verso il 650; e solo dopo il 600 circa, e più ancora dopo la formazione dell’impero persiano, si stabilì un contatto fra Greci e mondo mesopotamico. I motivi mesopotamici che si riscontrano nella cultura greca furono dunque mediati o dai Fenici o dal mondo micrasiatico, perché gli uni e l’altro, sin dal secondo millennio,avevano elaborato ed assimilato quei motivi.
- E così già a priori, dovremo attribuire alla mediazione fenicia quei motivi della cultura mesopotamicache potevano venire attraverso lo scambio commerciale; alla mediazione lidia e il genere micrasiatica quei motivi che con lo scambio commerciale sono meno connessi. Uno di questi ultimi è il momento letterario, di cui il tipico esempio è la favolistica orientale.
- Le due vie – la via dello scambio commerciale greco-fenicia, e la via della koiné culturale ionico-micrasiatica – si distinguono e si completano. Se si dovesse dare una formulazione precisa, si direbbe che la via fenicio-insulare-egea diede al mondo greco un’immagine della abrosíne orientale e intensificò l’attività commerciale, coloniale ed artistica; mentre la via micrasiatico-ionica, come quella che si fondava non tanto sul commercio quanto su un continuo scambio culturale, diede antiche tradizioni mitiche, esperienze culturali e forme della tattica militare.
- Si può dire che la mediazione lidia fu, nei rapporti ionico-asiatici, il caso più comune; in un caso, anzi, essa porto ad una creazione: l’invenzione della moneta.
- Dalla verga d’argento in cui un re aramaico segnava il suo nome come graranzia del contenuto (734a.C.), alla moneta come principio “formale” del denaro, il passo era certo breve: ma questo passo si compì nel mondo micrasiatico, lidio e ionico. La prima metà del settimo secolo fu dominata dal carattere lidio-ionico dell’invenzione; quando intorno al 650a.C., l’invenzione passò nel continente greco, non solo una nuova epoca sorse per la storia del commercio antico, ma anche si rivelò più chiaramente l’importanza della via ionica del rapporto fra Oriente e Occidente.
- In questo quadro vanno intesi i rapporti tra cultura orientale e cultura greca, che largamente dovettero essere mediati dai Lidii. Come la moneta, così molti degli elementi semitici e orientali in genere della cultura greca dovettero essere mediati in zona anatolica, in epoca anche più antica. Si pensa all’astronomia, soprattutto, ed alla connessa interpretazione del tempo: lo zodiaco, l’anno di dodici mesi, la settimana ….. Come la carta geografica viene dall’Oriente, ma certamente attraverso la mediazione anatolica; come dall’Oriente il numero sette, ma pur attraverso la mediazione stessa; così già prima motivi di cultura asiatica dovettero penetrare attraverso l’Anatolia. Più tardi, apertasi sempre di più l’Asia anteriore ai Greci, prima nell’ultima epoca assira e in quella neo-babilonese, e poi chiaramente nel grande quadro dell’impero persiano, gli scambi furono, s’intende, più probabilmente diretti fra mondo semitico e Grecia, che non mediati dal mondo micrasiatico: la Ionia ebbe grande rilevanza in questa ultima fase, la conclusiva e più viva.
CONCLUSIONI
- Punto di partenza dev’essere sempre quanto si constatò trattando della storia del concetto di Asía pressi i Greci, di Javan presso gli Orientali: dalla quale si conclude che fin verso il 650 le popolazioni asiatiche note ai Greci furono sostanzialmente le anatoliche e la Fenicia; così come, d’altra parte, gli Assiri di Sargon e di Sennacherib videro negli Javan solo e soprattutto i Ciprioti; gli Assiri tra Asarhaddon e Assurbanipal la Cilicia.
- Nell’epos omerico né di Assiri né di Medi è menzione alcuna; persino degli Urartei non si parla; ciò vuol dire che a queste popolazioni ancora nel settimo secolo non ci si interessava direttamente.
- Ancora una volta: Fenici e micrasiatici sono, per due diverse vie, i mediatori della cultura orientale al mondo greco.
- Né la carta geografica babilonese dà rilievo al mondo greco, né la carta dell’eptadista dà rilievo al mondo anteroasiatico extra-anatolico.
- L’Oriente anteriore non micrasiatico e non fenicio si rivelò ai Greci all’incirca tra il 650 e il 550. Nella carta dell’eptadista troviamo, come sesta parte, l’Egitto e il mar egizio (compresa la costa siriaca); nell’epos omerico l’Egitto ha una sua parte notevole; dall’epoca di Psammetico I esso si era aperto ai Greci.
- Intanto, all’incirca dalla stessa epoca, la decadenza fenicia aveva portato ceramiche rodie, protocorinzie e corinzie e poi attiche nella costa siriaca: la seconda metà del settimo secolo e più il sesto secolo han visto queste ceramiche sostituirsi alle cipriote e alle indigene in Al Mina, Sabouni, Tell Sukas.
- Comunque, è notevole che per gli Ebrei del 630a.C. circa, i figli di Javan per eccellenza erano Cipro, Rodi, la grecità coloniale di Tunisia e della Spagna meridionale: in cui è da rilevare per lo meno che questa parte della grecità è soprattutto viva e presente nella “tavola”, restando la Grecia vera e propria nello sfondo e come all’ombra.
- La caduta di Ninive (612) e le nuove condizioni dell’Oriente anteriore, già nei primi decenni del sesto secolo, aprirono il mondo babilonese all’avventuriero greco; si andò formando nell’Asia anteriore quell’intenso scambio che poi culminò nella unificazione dell’Asia sotto il dominio persiano, nel 538.
- La presenza a Samo di merci provenienti dal lontano Luristan può essere istruttiva, nei riguardi di un’attività commerciale in cui la via di terra poté riavere una notevole importanza.
- Quindi quei motivi di cultura orientale, i quali penetrarono nel mondo greco prima del 650 circa, lo fecero tramite la mediazione fenicia o la micrasiatica: per queste due vie diverse che possono chiamarsi, grosso modo, la “via del mare” e la “via di terra”. Prima di allora solo Cipro e la grecità barbarizzata di Cilicia sono in contatto con il mondo orientale extra-micrasiatico ed extra-fenicio. Le forme della mediazione fenicia sono commerciali; le forme della mediazione anatolica vanno intese su un piano di koiné culturale. Il massimo dono della prima è l’alfabeto, il più chiaro risultato l’arte orientalizzante; e al rapporto greco-fenicio si connette la colonizzazione greca sulle orme della fenicia. Della koiné culturale anatolica più chiaro esempio è la caratteristica denominazione dei Mermnadi come Eraclidi e la conseguente deformazione che contrapponeva gli uni agli altri.
- Dalla Ionia venne al mondo greco il massimo dono: l’epos omerico. Composto lungo il corso dell’ottavo secolo, l’epos ebbe la sua redazione finale nel settimo secolo: infatti il “Catalogo” non può risalire al di là del settimo secolo. Dal punto di vista dei rapporti greco-lidii, questa datazione può certamente confermarsi e definirsi: proprio le parti dell’epos relative ad eroi lidii presuppongono la grande importanza della dinastia mermnadica; non solo il Catalogo degli alleati dei Troiani ma anche il passo del ventesimo libro in cui la stirpe di Iphition è connessa con il lago di Gige. Questi passi non potevano che scriversi verso il 600. In altri termini, dall’epos omerico, da una costruzione essenzialmente ionica, è sorta la gioia della ricerca, della istoríe.
- La narrazione storica non era ignota al mondo orientale. Egiziani, Hittiti, Assiri ed Ebrei hanno raccontato le loro imprese. Ma la storiografia greca è un’altra cosa. Contrapponendo la prima alla seconda si può definire la storiografia greca come una pagina letteraria, laddove la storiografia orientale è sempre al servizio della politica. Si può dire anche che manca alla narrazione orientale il momento fondamentale per la greca: la istoríe vera e propria. Nel corso del sesto secolo questa istoríe si sperimenterà variamente: e già si vide che i giochi etimologigi precedenti a Ecateo hanno un loro sfondo a suo modo razionale.
- La posizione di Ecateo è, in questa evoluzione, evidente. Due motivi dominano nella sua opera: da una parte la razionalistica dissoluzione dei miti degli Elleni, dall’altra il confronto fra questi lógoi e i lógoi degli altri popoli. Ma quest’ultimo motivo non è rivoluzionario: la ricerca, per esempio, dei nomi degli dèi greci nei nomi degli dèi egiziani è chiaramente orientata nello spirito della ionica venerazione per tutto ciò che è orientale. Neanche del tutto rivoluzionario è il razionalismo di Ecateo: mettere ordine nei logói leggendari è la medesima esigenza che portava l’autore del Catalogo a insistere sulla “caricità” dei Milesii, dissolvendo la leggenda della fondazione delle città ioniche ad opera dei figli di Neleo.
- Questo momento della istoríe è quello forse che più chiaramente segna, su un piano teoretico, quella contrapposizione tra Grecia ed Oriente, che sul piano pratico si identifica nel contrasto tra polis e stato orientale. La istoríe come ricerca è un tentativo di sfuggire al fatto intendendolo nella sua genesi come atto. Si guardi alla forma della narrazione erodotea: le disgressioni non sono un aspetto tecnico superficiale, sono l’anima stessa del metodo greco nella interpretazioni dei fatti per connessioni e categorie causali. La istoríe introduce nel mondo avventuroso dei fatti una categoria nuova e razionale.
- Questa razionalità dei fatti non è un’aspirazione astratta dei Greci: s’identifica con la stessa concezione della vita greca. In fondo ad essa si possono connettere tutti gli altri motivi per cui la Grecia si contrappone ad Oriente: si ripensi alla tendenziale astoricità dell’arte ellenica, una formula che va intesa con molte riserve, ma che comunque implica una tendenza dei Greci ad illustrare un fatto più che raccontarne una serie, insomma un interesse per l’immagine singola più che per la narrazione continuata, che è propria degli orientali. In questo senso istoríe greca e racconto orientale si contrappongono e il classicismo greco non appare creazione del tutto nuova del quinto secolo. In questo senso s’intendono le esigenze , così tipicamente greche ed estranee all’Oriente, dello agonale e della libera personalità.
- L’agonale indica appunto la gioia del conflitto come misura di forze: anche qui il dato positivo del rapporto di forze è sottoposto ad una misura razionale e ad una ideale categoria. La libera personalità: essa veramente non è del tutto ignota all’Oriente, che pur conosce le personalità spiccate dei profeti ebraici e già prima ha pur sentito, in alcune esperienze del mondo egiziano, il dramma della “personalità”; ma i Greci hanno visto la libera personalità come un’armonica, razionale espressione della medesima vita statale. Questa esigenza è anche il metro della grecità in quanto lievito della cultura occidentale; è un metro che non giova contrapporre Ioni a Dori, Mileto o Atene a Sparta, ma giova a intendere come, nella storia mondiale, si configurasse il positivo contributo dei Greci, e si stabilisse, per tal via, il contenuto etico di una cultura in questo senso nuova ed irriducibile alla orientale.